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Drake – Take Care (Recensione CD)

Jan Bran by Jan Bran
10 Aprile 2020
Reading Time: 7 mins read

Da qualche settimana è uscito il secondo album di Drake: Take Care era stato infatti annunciato da più di un anno, e la sua uscita era prevista per il 25 Ottobre, 25° compleanno di Drake, ma alla fine è slittata fino al 15 Novembre. Dopo l’esordio con la traccia “Best I Ever Had” ed il successivo album “Thank Me Later” (che ci aveva regalato pezzi come “Find Your Love”, “Over”, “Miss Me”) ero impaziente di poter scartare il nuovo lavoro e di gustarmelo in cuffia. Anche perché le atmosfere che da sempre contraddistinguono i pezzi di questo ragazzo canadese sono morbide, lente, assolutamente rilassate.

E’ particolare la scelta di Drake di impostare tutto per quest’album (comunicazione, promozione, immagine) sull’intimità, sul low-key, attraverso un modo di fare e di porti ancora più pacato del suo stile già tranquillo, attraverso le frasi frammentate, i concetti ermetici con cui si esprime nei suoi post del “Very Own October” blog, nome nato proprio dalla data originalmente prevista per l’uscita dell’album.

Ma il ritardo nella pubblicazione è dovuto certamente anche al cambio di rotta in molti passaggi, da produttori annunciati e poi non inseriti, da tracce di anticipazione pubblicate e poi mai inserite nella tracklist, ed altri cambiamenti in corsa.

In ogni caso l’attesa è finita, e in parte è anche un po’ delusa. Take Care (intitolato così perche, a dire dello stesso Drake, ha potuto metterci molta più cura e tempo di quanto non ne avesse avuto per comporre il lavoro precedente – anche se in realtà è passato solo poco più di un anno) è stato giudicato molto positivamente dalla critica americana, che lo ha definito in alcuni casi intenso, in altri originale, unico, e con una forte identità. Personalmente, la mia impressione non è così positiva: ormai dopo molti ascolti questo album non riesce nel complesso a raggiungermi al cuore, e trovo che alcuni passaggi siano un po’ “stonati” (e non parlo di intonazione della voce) rispetto all’unità del progetto. Forse è tutta colpa delle mie aspettative troppo alte, o forse questo album è ancora troppo lontano dallo stile Europeo a cui sono ormai assuefatto.

Non si tratta certo di una bocciatura, perché “Take Care” è un progetto che si sente essere stato molto curato: perché l’effetto quasi ipnotico che ti da quando lo ascolti tutto d’un fiato ti fa quasi sentire la voce di Drake accanto a te, come se ti stesse parlando, mentre i beat lenti – a tratti pesanti, a tratti più leggeri – fanno pensare al suo respiro, tra una rima e l’altra; perché tutti questi elementi non sono messi a caso, ma hanno il preciso obiettivo di accompagnare testi che parlano di malinconia, di riflessione, di amore, di introspezione, scavando nel profondo di sé, in un perfetto parallelo tra musica e parole; perché la ricerca di suoni e di ritmiche differenti (anche se quasi sempre slow-tempo e rarefatte) è profonda, originale e innovativa.

Ma questo non è sufficiente a rendere il nuovo album di Drake un buon lavoro, perché spesso l’ipnosi delle sue ritmiche scivola in una ripetitività ed in alcuni punti anche in una certa monotonia che appiattiscono il disco, interrotte a volte da soluzioni sperimentali un po’ dubbie o da tracce molto differenti, e perché le atmosfere a volte sono così rarefatte che arrivano anche a perdere il senso della melodia, diventando “difficili” da seguire.

Queste sono le tracce contenute della standard edition di “Take Care”:

1) La tracklist mette al primo posto “Over my dead body”, pezzo co-prodotto dalla cantautrice canadese Chantal Kreviazuk (ovviamente insieme a 40): nella traccia la melodia non manca, ed il piano che corre lungo tutto il pezzo crea un’atmosfera che si fonde perfettamente con la voce femminile del ritornello; fa strano però sentire una “boasting track” su una melodia così morbida! C’è da dire però che Drake riesce a vantarsi con superiorità e con stile, un po’ come a dire “Chi se ne frega, io ci sono e tu no”.

2) La seconda traccia è “Shot For Me”, uno dei pezzi più r&b di tutto l’album, sia per l’esecuzione (per metà cantata, per metà in rap) che per il tema, un amore che si è perso (anche se a perderci, secondo Drake, è stata ovviamente la sua “lei”). La produzione di 40 però in questo caso è povera di spunti, e la traccia scivola via quasi indifferente.

3) La terza traccia è “Headlines”, il primo singolo che è arrivato alla n.1 delle Rap Tracks (anche se purtroppo è rimasto fuori dalla top10 americana): il testo non è particolarmente originale, ma l’interpretazione di Drake e la buona produzione di Boi-1da la rendono una delle migliori tracce dell’album, e non per niente è stata scelta come debut single. Trovo che lo stile di questo pezzo sia però più vicino al precedente album “Thank Me Later”, chissà se è stata una delle prime tracce ad essere scritte in vista del secondo album…
4) “Crew love” è la traccia numero 4, e vede la produzione di Illangelo e Weeknd: la base prova ad essere molto sperimentale, ma a mio parere senza troppo successo, mentre Drake e Weeknd celebrano e condividono il loro successo, in un testo abbastanza scarno.

5) Il primo featuring dell’album si incontra alla traccia 5, ed è la voce di Rihanna che affianca Drake nella Title Track dell’album: forse per fare onore a RiRi il pezzo è in bilico tra hip-hop e dance, almeno nelle ritmiche, e nel complesso la traccia è molto pop (non per niente è coprodotta da Jamie XX, il remixer inglese che ha lavorato sull’album di Jil Scott-Heron, e la base è praticamente identica al suo remix di “I’ll Take Care Of You” di Jil). E anche la storia di amore e di promesse di cui i due cantano nella traccia è un tema molto facile – anche se devo ammettere che Drake riesce ad andare abbastanza profondo nei pensieri, e nei sentimenti.

6) La traccia 6 è nata come uno “street single” promozionale che Drake ha pubblicato sul suo “October’s Very Own” blog a Giugno, e che in principio non doveva nemmeno essere incluso nella tracklist definitiva: il riscontro che ha avuto, soprattutto negli States, ha fatto cambiare idea al team di Drake, e così “Marvins Room” è presente nell’album; sembra che il titolo sia dovuto proprio al Marvin’s Room, lo studio di Marvin Gaye dove pare sia stata registrata. Eppure questa produzione di 40 credo che rappresenti molto lo stile ed il concept dell’album, ipnotica quanto pasta per fissarsi nella testa, e con un testo bello e praticamente reale: alla fine sono anch’io ubriaco con Drake, anche se non ho toccato un goccio.

7) Alla traccia 7 c’è il primo dei 2 interlude dell’album (il secondo è incluso nella traccia 12),
8) “Underground Kings” è la traccia che segue, un’autocelebrazione anche in questo caso non molto sobria, che corre rapidamente via su una base abbastanza povera di T-Minus e 40, senza lasciare il segno.

9) L’ospite della traccia 8, intitolata “We’ll Be Fine” è Birdman, e il pezzo ha carattere sia nel beat che nella melodia curata anche qui dalla coppia T-Minus+40, e le lyrics sono un fiume di pensieri sulla vita, la morte, il passato, le donne, come se Drake volesse un po’ svelarsi, raccontarsela con un amico (anche se si pone sempre un gradino più su). Tutto sommato un pezzo discreto.

10) “Make Me Proud” è il secondo singolo ufficiale da “Take Care” pubblicato un mese fa, e vede la presenza di Nicky Minaj. Il pezzo ha fatto molto bene in classifica, arrivando fino alla n.9 della Hot100 americana: per una volta ad essere celebrata è la donna, anzi una donna speciale, con le pal*e come si dice dalle mie parti, e Drake e Nicky lo fanno molto bene, su un beat più duro e veloce rispetto a molta parte dell’album, prodotto anche qui da T-Minus (che aveva curato anche il precedente bellissimo duetto di Nicky e Drake, “Moments Of Life”).

11) La traccia numero 11 è l’unica dell’album prodotta da un guru americano come Just Blaze e vede il featuring di Rick Ross: probabilmente è la loro influenza a rendere “Lord Knows” la traccia più classicamente hip-hop di tutto l’album. Il pezzo cerca di mantenere le atmosfere presente nell’album, ma lo stile è abbastanza diverso dal resto di “Take Care”. Se fosse necessario, Drake ribadisce qui di sentirsi superiore ai dissing, a chi lo imita e lo copia, alle critiche ed ai paragoni.

12) “Cameras” è la traccia numero 12, un altro pezzo prodotto da 40 che si inserisce perfettamente nel mood dell’album, ma che nonostante una base piacevole non lascia particolarmente il segno, perdendosi facilmente tra le tracce di “Take Care”.

13) Quando ho letto “featuring Stevie Wonder” ho sbarrato gli occhi: non è proprio una cosa frequente! In questa “Doing It Wrong” invece la sua armonica rende ancora più intima un’atmosfera che per la natura stessa del pezzo tocca nel cuore, parlando del mondo cresciuto tra due persone che crolla quando la loro relazione si rompe. La produzione purtroppo è un po’ troppo statica secondo me, ma sono sicuro che in alcuni momenti una canzone così ti arriva nel profondo.

14) Il tono resta intimo e delicato anche nel pezzo che segue, ovvero “The Real Her”: qui Drake canta lungo tutto il brano, lasciando le rime a Wayne e Andre3000, in un pezzo che credo si sarebbe fatto notare di più se non fosse stato inserito in questa parte “lounge” dell’album, dove tutto sembra improvvisamente rallentare e dove le “atmosfere” rischiano di nascondere un po’ le emozioni.

15) Anche la traccia 15, “Look What You’ve Done” resta nell’ambito dell’intimità, con un ringraziamento a chi gli ha permesso di essere e diventare ciò che è, ed allo stesso modo resta tra i pezzi con un’atmosfera più sospesa, come in un sogno (come lui stesso dice in questa traccia), ed anche se cambia il produttore – qui è Chase N. Cashe – restano le atmosfere piano e voce ed il modo molto personale di raccontarsi in queste rime, quasi se stesse parlando alle persone a cui è dedicato il pezzo.

16) Lil’ Wayne è di nuovo presente nella traccia 16, “HYFR (Hell Ya Fucking Right)”, pezzo che ha delle buone potenzialità (secondo me non sfruttate a pieno) sia nei suoni prodotti da T-Minus, che nella combinazione di rime tra Drake e Wayne, che nel testo, in bilico tra pubblico e privato.
“Practice” è un pezzo con un discreto appeal nel “doppio ritornello” e che ha maggiore forza rispetto ad altre tracce contenute in “Take Care”: certo è un pezzo molto esplicito nel suo contenuto sentimentale ed anche sessuale, ma abbiamo sentito cose ben più scandalose.

17) L’ultima traccia della standard edition di “Take Care” è “The Ride” featuring The Weeknd, un po’ confessione, un po’ sfida (tutto è una gara, no?). Una traccia che mantiene il profilo dell’album, con una discreta base curata dallo stesso Weeknd insieme a Doc McKinney.

Vendite già da recordo nelle prime settimane ma i 2 singoli usciti non sono riusciti ad arrivare così in alto come quelli che erano stati estratti da “Thank Me Later”, anche se “Headlines” continua a restare nella Top20 dei singoli U.S. nonostante sia uscito ormai da mesi. Nonostante le buone vendite ed un buon riscontro generale, io personalmente mi aspettavo molto di più da questo ragazzo e da questo album, e anche se il lavoro che ha fatto non è sicuramente povero o inutile, mi lascia comunque a bocca asciutta. Di certo gli va però riconosciuto il merito di essere stato fedele a se stesso ed al background musicale in cui è nato e cresciuto, senza voltare le spalle a ritmiche e stili r&b/hip-hop solo perché adesso l’electro-pop va di più.

Non so se anche voi condividete questa impressione, qual è il pezzo che vi ha colpito di più (o di meno) in questo “Take Care”? Che voto dareste complessivamente all’album? Drake può ancora puntare ad essere un vero uomo della nuova generazione hip-hop?

Rating: 3-/5

Recensione a cura di SMO, redattore e curatore delle nostre ultime interviste firmate rnbjunk.com!

Comments 2

  1. Proxy Reseller says:
    1 giorno ago

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  2. Matte02 says:
    10 anni ago

    A mio parere è un gran bell’album e non mi trovo d’accordo molto con la recensione

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