Ecco la recensione track by track del disco più atteso della stagione, 25 di Adele
Creare una diacronia della carriera di un’interprete come Adele appare forse superfluo: si tratta di una cantante balzata sulle scene in maniera inaspettata e che in poco tempo è diventata una Diva indiscussa della musica, un carrarmato da sfondamento che ha abbattuto record su record, imponendosi con la propria vocalità in un panorama, salvo le dovute eccezioni, povero di belle voci.
Dopo il grandissimo successo di 21, la cantante britannica aveva sofferto di un vero e proprio ”blocco d’artista”, che le aveva dato non poche difficoltà nella stesura dei testi per il suo nuovo album, in aggiunta, la maternità ed i numerosi impegni ad essa legati le hanno tolto sempre più tempo e non è stato facile per lei continuare a concedersi totalmente alla sua passione per la musica. Per non parlare del problema alle corde vocali per il quale Adele ha dovuto subire un intervento, brutta storia.
Con delle recording sessions durate più di due anni, vari cambiamenti nella direzione, la stessa casa discografica “di nicchia”, molti la davano per spacciata, un boom legato agli anni 2000, che sarebbe rimasto nella memoria degli appassionati di musica come un nostalgico ricordo. Tutti quanti però, volenti o nolenti, si sono dovuti ricredere: senza una grandissima promozione nè cambi di genere, Adele è tornata ancora più forte.
Tantissimi sono i detrattori della brava vocalist, in primis fans di cantanti pop dalle dubbie capacità vocali, che etichettano Adele come “sopravvalutata”, tuttavia le loro parole sembrerebbero non essere condivise dalla moltitudine di fruitori di musica, che si inchina rispettosamente di fronte al talento di questa Interprete.
”Hello”, il primo singolo estratto dall’album, ha venduto più di un milione di copie solo durante la sua prima settimana di vendite in USA, diventando il primo e l’unico singolo a raggiungere un risultato del genere nella storia della musica, anche il video, malgrado non sia oggettivamente un capolavoro nel suo genere, ha ottenuto grandissimo successo mediatico, le radio sono impazzite fin da subito…Insomma Adele non è e non sarà una meteora, Adele è la nuova icona della musica di questi tempi, che vi piaccia o no.
Malgrado il primo singolo sia molto simile al materiale da lei già proposto, possiamo notare forti cambiamenti nella produzione del progetto: partendo dall’onnipresente Max Martin arrivando a Mark Ronson. In secondo piano è lo storico produttore Ryan Tedder a favore di un Kurstin sempre più presente.
La cosa più interessante sarà scoprire se questo progetto rappresenta un vero cambiamento per la cantante, se tutte queste novità siano reali o apparenti: ”25” è davvero una maturazione di ”21” o avrebbe potuto chiamarsi anche ”20”?
Non ci resta che scoprirlo.
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01. Hello: Partiamo alla grande col primo singolo dell’album prodotto dal lunatico Kurstin. Avete letto bene, Kurstin è un produttore completamente confusionario che crea nello stesso tempo capolavori o buchi nell’acqua, molto dipende anche dalla creatività del cantante e dalla direzione che impone (basti considerare il suo ultimo lavoro con Ellie Goulding e ”Delirium’, che a noi non ha tanto entusiasmato).
Ad ogni modo siamo davanti ad una power-ballad molto semplice, piano e voce, che ricorda molto le sonorità proposte in ”Someone Like You”; ad arricchire il tutto ci sono i richiami gospel di sottofondo e un ritornello decisamente potente in cui però la voce non appare del tutto naturale ma subisce delle piccole modifiche di adattamento alla base. Adele schiera assolutamente tutti i suoi punti di forza: buona vocalità mista ad incredibile capacità interpretativa, in grado di emozionare l’ascoltatore, che riesce ad identificarsi nelle parole del testo. Il pezzo è assolutamente ben confezionato ed intelligente: solito testo d’amore fuso ad un ritornello paradossalmente molto ripetitivo per una ballad, è impossibile non ripetere il ritornello, col cuore afflitto, pensando ad una ex relazione, dopo aver ascoltato anche solo una volta questa canzone.
Non siamo assolutamente davanti ad un capolavoro della musica, non siamo (ancora) davanti ad un elemento ripreso da una delle sue ispirazioni per il progetto, ”Ray Of Light” di Madonna, ma Adele ci presenta il giusto compromesso tra commercialità e genuinità, ingredienti necessari per un singolo di ritorno dopo ben 2 anni. Il panorama musicale odierno ci insegna che conviene sempre riproporre lo stesso genere che porta al successo un cantante, soprattutto se con un topos ben definito e difficilmente imitabile che fa parte del proprio personaggio, basti pensare ad un singolo come ”West Coast” di Lana Del Rey che ha sancito inequivocabilmente la caduta (almeno a livello commerciale) di una grandissima artista.
02. Send My Love (To Your New Lover): Adele non perde tempo per mostrarci le sue nuove produzioni ed è il turno proprio dei già citati Max Martin e Shellback. La leggenda narra infatti che la cantante avrebbe deciso di lavorare con Max Martin dopo aver ascoltato ”I Knew You Were Trouble” di Taylor Swift e quindi una traccia pop, ma si sa, quando siamo davanti ad una come Adele pensare che possa offrirci qualcosa di pop più commerciale ci pare davvero difficile e invece…Sorpresa!
L’influenza della Taylor Swift di ”Red” si sente e per la prima volta ascoltiamo un’ Adele diversa dal solito, il pop con influenze country presentato in questa midtempo simpatica e dinamica è assolutamente coinvolgente e ci fa capire che è finalmente sulla strada giusta per scrollarsi di dosso quell’appellativo di ”interprete adatta al pianto” che si è guadagnata con ”21”.
Ad un maggiore e ben riuscito dinamismo vocale e dell’instrumental si unisce un ottimo prodotto testuale, che oscilla tra un testo d’amore impegnato e ciò che piace alla gente, il ritornello è ancora una volta il punto forte, pulito e allo stesso tempo incalzante, tutto cio’ che le radio adorerebbero:
”Send my love to your new lover
Treat her better
We’ve gotta let go of all of our ghosts
We both know we ain’t kids no more
Send my love to your new lover
Treat her better
We’ve gotta let go of all of our ghosts
We both know we ain’t kids no more”
Un brano veramente riuscito, sarebbe bene estrarlo come singolo, magari in primavera/estate, ma potrebbe essere rischioso per l’immagine che si è costruita Adele in questi anni.
03. I Miss You: Il grandissimo Epworth (Rolling In The Deep, Skyfall) si sente fin dall’inizio e avrà il compito di impreziosire questo pezzo per quasi 6 minuti. L’inizio sognante e marziale ricorda alcuni elementi del lavoro di FKA Twigs, una delle maggiori ispiratrici per gli artisti di generi anche diversi dal suo di questo anno, la base prepotente e protagonista, in simbiosi con la voce della cantante, non cessa mai il suo incalzare e rende questa traccia una delle migliori del progetto, almeno a livello di sonorità
Ritorna un sound più melodico solo alla fine, quando anche la voce della britannica si fa più dolce e soave, in un mix di emozioni e di virtuosismi mai fuori luogo, una perla della musica pop. Degno di nota è anche il testo: il titolo decisamente banale, potrebbe far storcere il naso ai più ma il brano è pieno di bellissimi versi
”I miss you when the lights go out
It illuminates all of my doubts”
Da segnalare è anche un incedere più velatamente sensuale sia nella voce che in parte del testo, novità nella discografia della cantante:
”I love the way your body moves
Towards me from across the room”
Ottimo pezzo, poche le possibilità di diventare singolo malgrado la ripetitività del ritornello, ma sappiamo bene che con Adele tutto è possibile.
04. When We Were Young: Quarta traccia e secondo singolo estratto dal progetto, è la ballad ”When We Were Young”, prodotta dal co-produttore di ”Living For Love” di Madonna, Ariel Rechtshaid. Poco da dire sulla base, nulla di nuovo per la discografia della cantante, ancora una volta però la sua interpretazione ci fa amare un ritornello abbastanza scontato, insomma Adele renderebbe bellissimi anche pezzi decisamente dozzinali.
Neanche il testo rappresenta qualcosa di particolarmente originale pur mantenendo una certa suggestività:
”You look like a movie
You sound like a song
My God, this reminds me
Of when we were young”
Quando si parla di artisti che si auto-ripetono si sentono spesso commenti negativi, cio’ raramente succede per questa cantante perchè probabilmente è questo che davvero si aspetta e vuole la gente da lei, almeno per ora ,e lei non manca di accontentarla. Adele ha rivelato che questa è una delle sue tracce favorite dell’intero disco, e che si sia lasciata ispirare dalla musica di Elton John per la realizzazione di essa.
Siamo davanti ad un buon brano, non tra i migliori del CD, ma ancora una volta, come per Hello, è uno dei compromessi migliori, e siamo sicuri che non potrà che far bene come già sta facendo.
05. Remedy: Siamo quasi a metà del lavoro e compare il ”dimenticato” Ryan Tedder: Adele ci aveva informato all’inizio della produzione del CD che non era riuscita a trovarsi a suo agio in studio nuovamente con Tedder e che le canzoni che ne erano risultate non la convincevano, decidendo quindi di cambiare direzione.
In realtà il responso del pubblico sembrerebbe essere completamente diverso, a parte i primi due singoli, infatti si tratta della canzone che è salita in chart più velocemente, toccando le vette più alte su Itunes USA. In effetti si tratta probabilmente di una delle migliori, ancora una volta la base è molto semplice, forse anche di più che in precedenza, l’interpretazione ancora una volta è impeccabile, il tutto ricorda lontanamente ”Let It Go”, grande successo della colonna sonora del film di animazione ”Frozen”.
Ancora una volta il testo è d’amore, ma a quanto pare sarebbe rivolto a suo figlio:
”No river is too wide or too deep for me to swim to you
Come whenever I’ll be the shelter that won’t let the rain come through
Your love, it is my truth
And I will always love you
Love you”
Sicuramente questa ballad verrà estratta come singolo, anche grazie al favore ritrovato del pubblico, e sembra una ottima scelta malgrado siamo ancora convinti che si potrebbe alternare ad un altro singolo un po’ diverso. In toto, ottimo risultato.
06. Water Under The Bridge: E uno di quei ipotetici singoli è proprio ”Water Under The Bridge”. Adele ci aveva detto che stava lavorando con il produttore Mark Ronson, e questa canzone somiglia molto ad una sua produzione, malgrado sia prodotta da Kurstin.
Qualche reminiscenza di ”Rolling In The Deep” qui e lì, un pizzico di Anni 80′ e qualche riferimento alla migliore Ellie Goulding di ”Halcyon” rendono questa traccia praticamente perfetta. Il ritornello non è sicuramente incisivo come nei brani precedenti, anzi, ma questo cambio di ritmi e strumenti è assolutamente necessario in un album che, seppur breve, si presenterebbe altrimenti troppo monocorde.
E’ la seconda volta che ci mette innanzi un prodotto che si discosta un po’ dalla sua solita musica (da non leggersi assolutamente in senso negativo) ed è la seconda volta che fa centro, cara Adele prendi appunti per il prossimo album!
07. River Lea: Eccola, dopo gli accenni soffusi è qui, la ”Rolling In The Deep” di questo CD, per noi che pensavamo di annoiarci ascoltando questo album, dobbiamo assolutamente ricrederci! Prodotta dal poliedrico genio di Danger Mouse, siamo davanti a quella che è probabilmente la vetta massima di questo album.
Un inizio vicino al genere oratorio, epico e maestoso, la voce della cantante che si insinua in questo organo nudo e primordiale lentamente e con effetto, in un crescendo di virtuosismi strumentali e vocali che esplodono in un ritmo con richiami anni 70 nel ritornello , assolutamente infettivo e lontanissimo da quelli che abbiamo precedentemente ascoltato nell’album.
Di solito riportiamo le parti più belle dei testi di ogni canzone, in questo caso siamo davanti a liriche decisamente ben studiate per cui sarebbe necessario citare tutto il testo che vi invitiamo calorosamente a leggere, eccovi la strofa iniziale:
”Everybody tells me it’s ‘bout time that I moved on
And I need to learn to lighten up and learn how to be young
But my heart is a valley, it’s so shallow and man made
I’m scared to death if I let you in that you’ll see I’m just a fake
Sometimes I feel lonely in the arms of your touch
But I know that’s just me cause nothing ever is enough
When I was a child I grew up by the River Lea
There was something in the water, now that something’s in me
Oh I can’t go back, but the reeves are growing out of my fingertips
I can’t go back to the river”
Speriamo quindi che anche questo rientri nei buoni propositi della prossima-Adele, non si può scrivere solo di amore in senso stretto, anzi, quando sia ha talento come song-writer è possibile scrivere anche di altro senza essere banali. Eccellente.
08. Love In The Dark: A produrre l’ottava traccia c’è Samuel Dixon, famoso per il suo pianoforte e le sue basi intimistiche, basti ricordare ”You Lost Me”, una delle migliori canzoni di ”Bionic”, sfortunato album di Christina Aguilera.
Malgrado sia davvero difficile dire che qualche pezzo di questo progetto sia brutto, in questa ballad i richiami molto forti al precedente album e il posizionamento dopo ben 7 tracce molto lunghe fanno passare questa ”Love In The Dark” un po’ inosservata, ma di sicuro si tratta di un regalo gustoso per gli amanti di ”21”. L’interpretazione ammicca alla musica classic R&B, ma si fa “pesante” rispetto agli altri bani dell’album, insomma andrebbe ascoltata più volte o in determinati giorni, una traccia situazionale (come molte erano anche nel precedente album) che non è brutta, ma che non è bella quanto molte altre nell’album.
Il testo, nuovamente d’amore, presenta un incantevole ritornello:
”I can’t love you in the dark
It feels like we’re oceans apart
There is so much space between us
Maybe we’re already defeated”
09. Million Years Ago: Kurstin è decisamente molto ispirato per questo progetto e si nota. Una traccia così non si sentiva da tempo, una ballata da sala, con elementi della musica da sala, appunto, europea e sudamericana, un genere che andava molto di moda qualche anno fa, sapientemente riutilizzato da Adele per questa traccia numero 9. Forti richiami provengono anche dalla prima Mariah Carey di ”My All” in vesti forse più sensuali, quasi ricordando gli anni 60” in una diacronia musicale fatta di riferimenti musicali vari e di liriche struggenti.
L’ultima stanza è sicuramente la più esemplificativa e la più forte dal punto di vista testuale, in una climax ascendente assolutamente indescrivibile:
”I know I’m not the only one
Who regrets the things they’ve done
Sometimes I just feel it’s only me
Who never became who they thought they’d be
I wish I could live a little more
Look up to the sky, not just the floor
I feel like my life is flashing by
And all I can do is watch and cry
I miss the air, I miss my friends
I miss my mother, I miss it when
Life was a party to be thrown
But that was a million years ago
A million years ago”
E’ praticamente impossibile che venga estratta come singolo anche perchè si tratta di suoni completamente lontani da cio’ che piace agli USA, ma resta una delle migliori dell’album, assolutamente perfetta.
10. All I Ask: E le ballate continuano con un ospite speciale, infatti questa ”All I Ask” è stata scritta in collaborazione con Bruno Mars e di tutto punto ci sono i ”The Smeezingtons” alla produzione, di cui fa parte lo stesso Bruno Mars.
Dopo il capolavoro precedente le atmosfere non cambiano molto e il tentativo è quello di riprendere i suoni del brano precedente rendendoli forse più internazionali, fortissimi ancora i richiami alla prima Mariah Carey in un’emulazione decisamente ben riuscita e in una contaminatio di generi più discreta. Effettivamente quando si inizia ad ascoltare questa traccia si pensa immediatamente a Mariah. Probabilmente se affidata alla Mimi dei tempi d’oro la resa sarebbe stata migliore di quella di Adele, tuttavia dopo qualche secondo la cantante britannica riesce a farci “dimenticare” la Carey, offrendo una buonissima performance vocale.
Ancora una volta il tema amoroso ritorna quasi a voler presentare uno degli ultimi sprizzi dell’album che inizia la sua calata verso la dolcezza della fine, una fine che non puo’ che essere dolcissima dopo un risultato del genere
Non è tra le migliori ma è un’ottima conciliatrice dei vari generi a fine album.
11. Sweetest Devotion: A chiudere questo album c’è di nuovo Epworth con un brano dolce ma che non mette assolutamente da parte per questo l’estensione vocale della nostra Adele. Nulla di particolarmente innovativo o che aggiunga qualcosa all’intero progetto, ma senza dubbio una bella traccia di chiusura.
Come al solito quando ci si affida a Epworth la base non delude, ma in questo caso è meno particolare che in precedenza poprio perchè il ”momento più dolce” del finale deve essere lasciato alla voce della cantante che deve salutare, dopo undici bellissime canzoni, l’ascoltatore con un tripudio di emozioni e di virtuosismi.
Ebbene, se Adele voleva con questo progetto replicare gli ottimi risultati di ”21”, ha fatto un ottimo lavoro, che otterrà sicuramente la ”dolce devozione” dei suoi fan e dei suoi ascoltatori occasionali.
A completare l’esperienza “25” troviamo una Target Edition. Prima tra tutte ”Can’t Let Go’‘ che vede, per citare di nuovo una certa Christina Aguilera, la sua produttrice di prima linea, Linda Perry, un brano godibile ma che nella standard avrebbe probabilmente appesantito il tutto. Non è finita nella standard neanche ”Lay Me Down’‘, prodotta da Mark Ronson, il produttore in effetti sembra meno ispirato che in passato e questa canzone è assolutamente lontana dalle vette da lui toccate in precedenza, ma il risultato resta godibile. ‘‘Why Do You Love Me” chiude questa versione con più ritmo che in precedenza pur non colpendo l’ascoltatore tanto come altri pezzi della standard. Tutto sommato troviamo giusta l’esclusione di queste tracce dalla standard.
Quando si parla di una come Adele è facile cadere nel fanatismo: è senza dubbio una cantante piena di talento e con una texture vocale veramente buona, ma ahimè molti, sentendo una voce di questa portata, pur non capendo fino in fondo il tipo di studio musicale che c’è dietro tendono ad arricchire questo genere di interpreti solo con elogi, e guai a dire il contrario!
Di contro però, non bisognerebbe assolutamente cadere nell’errore opposto, ossia quello di considerare come eccessivi o immeritati i giusti riconoscimenti e sacrosanti complimenti nei confronti di tutte le sue qualità e della grandezza di questo progetto discografico, che riesce pienamente a metterle in luce. Tutto ciò è oggettivamente riscontrabile. Se in un interprete si ricercano determinate doti diverse da quelle di Adele (che in genere servono a sopperire a mancanze di altro tipo, in primis vocali) piuttosto che tentare di buttar giù una Adele, basterebbe semplicemente rivolgere la propria attenzione verso un altro tipo di intrattenimento.
Ogni pezzo in questo disco ha il suo perchè, ed Adele riesce ad impreziosire sempre e comunque anche quando non siamo davanti a brani colossal. Se il suo precedente album era pieno di ripetizioni, e gli stessi singoli lo hanno dimostrato, in questo caso la varietà aumenta pur non essendo totale: la redazione dell’album ha ben pensato di alternare brani che ricordano la “vecchia” Adele ad esperimenti totalmente nuovi, devo dire assolutamente riusciti, in molti casi, poi, i due filoni si uniscono creando dei veri e propri capolavori (vedi River Lea).
Proprio perchè è facile, in un progetto di tale portata trovare i lati positivi, dobbiamo sicuramente porre accento anche su qualche piccola negatività, prima tra tutte la scelta dei singoli: estrarre due pezzi simili tra loro e ai lavori precedenti è da una parte comprensibile, dall’altra, ora che ha ottenuto prova del fatto che l’audience non l’ha dimenticata potrebbe estrarre qualcosa di nuovo e più particolare, e speriamo che sarà così.
Altra nota sono i testi, ma è un problema che riguarda un po’ tutti i cantanti attuali: il leitmotiv amoroso in alcuni casi diventa un po’ troppo pesante e ci piacerebbe che la cantante sperimenti di più per poter creare una maggior varietà anche a livello di lyrics, sicuramente pero’ i risultati sotto questo punto di vista sono migliori rispetto al precedente album.
In ogni caso, l’ altissima produzione di questo progetto è indiscutibile, sta al gusto personale poi promuovere questo tipo di scelte stilistiche o meno.
Per i motivi sopra citati, promuoviamo l’album con ottimi voti, senza dubbio uno dei migliori dell’annata 2015, se non il migliore almeno per quanto riguarda il panorama pop.