La riconferma più importante che ci sia aspettava in questo 2013 era sicuramente J. Cole. Dopo il grande successo di “Cole world: The sideline story”, certificato Gold negli States, le aspettative per “Born sinner” erano alte.
L’album era già atteso per gennaio, ma l’MC ha deciso di rinviarlo a fine giugno, salvo anticiparlo di una settimana, al 18 giugno, per competere direttamente con Kanye West. Chi abbia superato chi, lo lasceremo decidere a voi, adesso è giusto concentrarsi sui contenuti dell’album.
Una nota va subito fatta: in vari brani che J. Cole ha rilasciato anticipando l’album (vedi “Niggaz know” e “Cole summer”) e anche in tutto “Born sinner”, il rapper ha preventivato un potenziale flop, ma ha anche assicurato che non sono i numeri che gli interessano, dato che gli basta parlare con sincerità ai propri fan.
Entriamo adesso nello specifico delle tracce.
Villuminati. La traccia inizia già con quello che dobbiamo aspettarci dall’album, ossia un contesto “più dark”, in una costante guerra tra bene e male. Usando due sample d’eccezione, cioè il remix di “I wish” di R. Kelly e una riga presa da “Juicy” di Notorious B.I.G., J. Cole si lancia subito su un magnifico flow in cui racconta di quando era piccolo e della sua ammirazione per Pac e Jay-Z, che ai tempi di “American gangster” rifiutò una base prodotta per lui. Pur di diventare famoso, Cole ha venduto l’anima al diavolo, che non gliela ridarà più indietro. Con quest’album, l’MC si sta giocando tutto e la pressione è così alta che potrebbe diventare uno della setta degli Illuminati, teoria che il rapper prende subito in giro.
LAnd Of The Snakes. Saltiamo lo skit del pastore Kermney Thomas e arriviamo a un’altra sample, questa volta presa da “Da Art of Storytelling Pt.1” degli OuKast. Torna ancora il contrasto tra bene e male, ma la canzone convince poco.
Power Trip. Primo singolo dell’album, è una canzone d’amore per una ragazza ma anche per l’hip-hop. Il fatto che la canzone abbia venduto più di 500.000 copie, ottenendo la certificazione “Gold” negli States, spiega da sé la bellezza del brano!
Mo Money (Interlude). Un tributo al suo mentore Jay-Z: prendendo la base di “Imaginary player”, J. Cole parla di soldi e di come spenderli.
Trouble. Un’altra canzone di donne e sesso, ancora il bene (la scuola cattolica) e il male (il sesso, appunto, visto dal punto di vista di un cattolico). Canzone ok, ma non eccezionale.
Runaway. Fate attenzione allo sketch iniziale di Mike Epps: parla di come gli uomini si comportino in una maniera diversa a seconda che si trovino o meno con la propria ragazza. Partendo da questo spunto, J. Cole dice alla sua ragazza di come si sente in quel momento, quasi intrappolato nella relazione, mentre vorrebbe inseguire il suo sogno di diventare famoso. Interessante il secondo verso in cui dice “Il predicatore dice che siamo fatti a immagine del Signore e io replico ‘Ne sei sicuro? Anche dell’assassino? Anche della prostituta? Anche di quello che va a letto con varie donne?’” Il contrasto tra “bene” e “male” viene anche sottolineato alla fine del terzo verso, quando il rapper si chiede se potrebbe rinunciare ai soldi solo per parlare col cuore ai propri fan. E’ una canzone che vedrei molto bene come terzo singolo!
She Knows. Ci troviamo davanti a un brano sull’infedeltà, peccato a cui sembra che Jermaine non rinuncerà mai. Altro potenziale singolo, secondo me, dato il ritornello piuttosto facile.
Rich Niggaz. Questa canzone è esplicitamente dedicata a tutti quelli che per guadagnare devono lavorare duramente, così come anche il rapper ha fatto prima di diventare famoso e così come dovrà continuare a fare, visto che ammette di non essere abbastanza abile a gestire i propri soldi. Nel secondo verso, si scaglia contro i rapper che fanno canzoni solo per vendere. Che sia riferito a un rapper in particolare o sia un discorso in generale non lo sappiamo e sarebbe interessante saperlo. Il flow è carino, ma la canzone è poco radio friendly.
Forbidden Fruit. Il riferimento qui è al frutto che Dio ha proibito ad Adamo ed Eva e, venendo al tema dell’album, al peccato carnale come frutto proibito. Nel secondo verso, in cui parla della sua carriera e del bisogno di affermazione definitiva, Cole spiega di provare ammirazione e rispetto per Kanye, tanto che l’album esce lo stesso giorno proprio per dimostrare che tra i due non c’è poi così tanta differenza. Breve comparsa di Kendrick Lamar nel ritornello e nel bridge, che contiene una “verità universale”: “Le donne vanno e vengono (questo è risaputo), i soldi vanno e vengono (questo è risaputo), l’amore va e viene (questo non dura)”. Alla fine della canzone sentiamo Lil Cole, ossia la sua coscienza, una parte di cui avrei anche fatto a meno in una canzone già da sé discreta.
Chaining Day. Su un beat dal sapore old school, J. Cole parla della stupidità di spendere soldi solo in macchine, catene e Jesus piece. E si rende anche conto di essere lasciato trasportare troppo, tanto da non aver neanche comprato una casa, proprio come gli avevano detto di non fare. In ogni caso, non sembra che il rapper voglia imparare, ma i fan lo sapranno perdonare perché questa canzone brilla proprio come il suo Jesus piece in platino!
Ain’t That Some Shit (Interlude). Altra canzone costruita molto bene, con un flow favoloso e una base che Cole e Syience hanno costruito perfettamente. Le cose più importanti per il rapper sono le donne, il flow e la sua abilità e sulle ultime due possiamo certificare che J. sa come far bene il suo lavoro.
Crooked Smile. Nel precedente album avevamo “Nobody’s perfect” con Missy Elliott. Il concetto di questa canzone è praticamente lo stesso: nessuno è perfetto perché tutti abbiamo un “sorriso deforme”. Quindi, ragazze, “siete delle star, non lasciate che vi dicano che non lo siete. Sono vere sopracciglia, unghia e capelli? Sono vere? Se non lo sono ragazze, fregatevene perché ciò che è reale non può essere visto dagli occhi e non può essere toccato con le mani”. La canzone fatica a salire in classifica, ma basterà anche un buon video come “Power trip” ed il potenziale si manifesterà in tutto la sua… perfezione!.
Let Nas Down. Qui J. Cole racconta della sua avventura alla Roc Nation e di come abbia deluso Nas, suo idolo sin da piccolo. Tutto nasce con la preparazione dell’album di debutto: Cole cercava il primo singolo per la radio e dopo il rifiuto ricevuto da Jay-Z per “Who dat” e “Blow up” i due decidono di puntare su “Work out”. Quando, però, Cole parlerà con il produttore No I.D., scoprirà che Nas ha ascoltato “Work out” e che ne è rimasto deluso. Spiace per Nas, ma senza “Work out”, certificato doppio Platino, J. Cole non sarebbe probabilmente a questo secondo album.
Born Sinner. Arriviamo adesso a riepilogare il punto centrale dell’album: Cole si lascia trasportare dal peccato, ma questo album è la sua redenzione. Il nostro Jermaine non si lascia corrompere da soldi e macchine come molti rapper, ma scrivendo col cuore ai suoi fan sa di potersi riscattare. A James Fauntleroy (sottovalutato cantante dei Cocaine 80s) l’onore del ritornello, che inizia proprio con il coro iniziale sentito in “Villuminati”, ad intendere come “la vita ruoti in un cerchio”.
Ora, un ultimo sforzo e passiamo in rapida rassegna le tracce della deluxe edition, che costituiscono anche la terza parte dei “Truly yours”, gli Ep che J. Cole ha reso disponibili nell’attesa dell’album
Miss America. Era il primo singolo programmato per l’album, una denuncia sullo stato degli U.S.A. e del rap. Ingiustamente snobbato dal mercato, è stato declassato a singolo promozionale.
New York Times. Grande collaborazione con 50 Cent e Bas, trovo difficile capire perchè sia solo nella deluxe edition.
Is She Gon Pop. Incentrato sulla seduzione di una donna, è una canzone che non colpisce molto neanche dal punto di vista musicale.
Niggaz Know. Seguendo le orme del suo maestro Jay-Z, J. Cole condisce questa canzone con varie citazioni prese da Notorious B.I.G. Sicuramente è un brano che potrebbe diventare un singolo di successo!
Sparks Will Fly. Una canzone d’amore piuttosto particolare con la brava Jhené Aiko, che quest’anno sentiremo col suo primo album via Def Jam.
Personalmente, nel complesso trovo l’album discreto, ma non eccezionale. Un 7 su 10. Ci sono tracce che brillano, in cui il flow è da Rapper-Dio e si potrebbe avvisare subito la RIAA, l’ente che certifica i singoli e gli album negli Stati Uniti, di preparare una targa per l’Oro o il Platino. Ma Cole si aspetta che questo album diventi un moderno classico. Non ci scommetterei molto su questo pronostico, ma l’abilità c’è e col tempo l’MC potrà sicuramente “vantarsi di essere come Hov” (“Villuminati”)!