Sebbene il pubblico abbia iniziato a conoscere Meghan Trainor solamente dal 2014, la cantautrice statunitense ha iniziato a muovere i primi passi nel panorama musicale molto tempo prima.
Meghan è nata nel 1993 in una famiglia, come lei ama definire, “musicale”; il padre, insegnante di musica nonché musicista, è stato probabilmente il primo incentivo che ha fatto sì che già a 11 anni la ragazza iniziasse a comporre i primissimi pezzi.
All’età di 12 anni entrò a far parte di un gruppo (che comprendeva anche suo padre, sua zia e suo fratello minore) chiamato Island Fusion e ciò le permise di entrare in contatto con svariati strumenti, dal piano alla chitarra fino ad arrivare ai più esotici bongo e ukulele. Aperta ad ogni genere musicale, negli anni del liceo entrò in una jazz band dove cantava e suonava addirittura la tromba. Conscia del suo talento, decise di portarlo avanti iscrivendosi al Berklee College of Music’s Performance Program, un corso di due mesi durante il quale ricevette voti altissimi e vinse con le sue canzoni più di un concorso.
Tra i 15 e i 17 anni realizzò e registrò in maniera indipendente tre album di inediti suoi: “Meghan” (2009), “I’ll Sing With You” e “Only 17” (entrambi 2011). Anche se non raggiunsero alcun successo commerciale, le diedero la possibilità di farsi apprezzare come songwriter, partecipare a vari festival e conferenze musicali e agganciare qualche contatto discografico.
Meghan posticipò l’inizio del college per dare il massimo in musica e, proprio in quel periodo, firmò il suo primo contratto con la Big Yellow Dog Music, label indipendente di Nashville, che inizialmente la “sfruttava” solo come autrice (in questo periodo scrisse “Replay”, singolo del 2013 di Raffaella Carrà).
La svolta arrivò dopo l’incontro con il produttore Kevin Kadish, con il quale nel 2014 co-scrisse “All About The Bass”.
I due offrirono il pezzo a svariate case discografiche ma nessuna si dimostrò interessata, così la Trainor tentò il tutto per tutto cantando il brano di fronte al boss della Epic Records, L.A. Reid.Meghan Trainor diventa a tutti gli effetti un’artista della Epic, sotto la quale nel 2014 pubblica il tanto atteso singolo “All About The Bass”, hit planetaria dal video virale, n.1 in 58 paesi e più di 10 milioni di copie vendute.
L’immagine della Trainor va controcorrente con i canoni che solitamente dominano il mercato pop; niente misure perfette, fisico mozzafiato e sguardi sexy/ammiccanti ma tanta tanta autoironia, ingrediente principale di un personaggio che è entrato fin da subito nel cuore del pubblico.
A settembre 2014 pubblica l’EP “Title” contenente la hit, dopodiché il mese seguente esce il secondo singolo, “Lips Are Movin”, altro successo incredibile che la catapulta di diritto tra le newbie più interessanti della sua generazione. L’album vero e proprio arriva nel gennaio del 2015 e si intitola come l’EP, “Title”.
Il terzo estratto è “Dear Future Husband”, seguito dalla collaborazione con il suo grande amico Charlie Puth per il brano “Marvin Gaye”. E’ la volta di “Like I’m Gonna Lose You” (fea. John Legend), che raggiunge la top10 della Hot 100.
Nonostante alcuni problemi alle corde vocali che le rallentano il tour promozionale, il 2015 è un anno d’oro per Meghan Trainor, che si conclude simbolicamente il 15 gennaio 2016 quando la ragazza riceve il suo primo Grammy Award per “Best New Artist”.
Pronta a cavalcare l’onda del successo la cantautrice non ha perso tempo e già durante la promozione di “Title” si è messa al lavoro per ultimare il suo nuovo progetto discografico, “Thank You”, uscito in esclusiva su Apple Music il 6 maggio mentre sarà disponibile su tutte le piattaforme a partire dal 13 maggio.
Meghan ha dichiarato che gli artisti che maggiormente l’hanno influenzata per questo lavoro sono la leggendaria Aretha Franklin, l’iconico Elvis Presley ed il giovane e talentuoso Bruno Mars.
Il lead single, “NO”, è uscito il 4 marzo scorso e si è preso ottime soddisfazioni commerciali e in classifica, raggiungendo il terzo gradino del podio della Hot 100; vedremo se il suo successore “Mee too”, uscito pochi giorni fa, farà altrettanto bene.
Cosa dobbiamo aspettarci da “Thank You”?
“E’ sicuramente un album alla Meghan Trainor, ma è una Meghan Trainor cresciuta, maturata e più intensa”
sono le stesse parole che la ragazza ha usato per descrivere la sua fatica discografica in un’intervista.
Ora che l’abbiamo ascoltato possiamo confermare che è così; questo album è un deciso passo avanti per la sua carriera, dal punto di vista qualitativo in primis. Un’evoluzione stilistica senza buttar via quanto fatto in passato.
Innanzitutto precisiamo che, aldilà della sua immagine ironica che può portare qualcuno a non prenderla sul serio, la ragazza sa cantare, sa suonare e sa scrivere. Queste tre doti potrebbero sembrare basilari per un cantante ma sappiamo bene che nel panorama musicale oggi la cosa è tutt’altro che scontata, anzi.
Meghan canta bene, suona numerosi strumenti e scrive testi più o meno impegnativi. Nel mondo del pop la sua presenza è una ventata di freschezza mischiata con le sonorità tipiche delle hit dei primi anni 2000, quelle del suo idolo Britney Spears per intenderci.
Le produzioni di “Thank You” sono tutte molto orecchiabili, toccano più sfaccettature di quante ne toccasse “Title”, mostrando lati diversi ed inediti della sua persona, una varietà che permette un ascolto piacevole.
Non sarà un album che passerà alla storia ma ciò non vuol dire che non sia un album valido nell’ambito musicale che va a rappresentare. Meghan Trainor è una popstar e il suo prodotto è coerente con tale status. Pochi suoi colleghi riescono a fare brani tanto catchy ed immediati, anche questo è un talento. Fatta questa premessa, a pagina 2 trovate la recensione track by track del disco.
01. WATCH ME DO: la traccia apripista dell’album è stata rilasciata il 25 marzo come singolo promozionale. Brano prodotto, così come gran parte di “Thank You”, dal giovane produttore Ricky Reed che nella sua carriera ha creato hit come “Get Ugly” e “Talk Dirty” di Derulo e “Bo$$” delle Fifth Harmony.
Fin dalle prime note di questa uptempo funky dance-pop entriamo in quella che è un po’ la linea guida dell’album: mischiare in prevalenza elementi tipici del pop classico del passato (con qualche sfumatura r&b) con sonorità più “moderne” e danzerecce.
Ottima la base di percussioni che rende al pezzo un sound organico molto ritmato e ballabile; non fortissime le strofe e il bridge, mentre decisamente più convincenti sono il pre-ritornello e il ritornello.
Tre minuti di questa traccia e si viene catapultati tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000, ed è quello che la Trainor si prometteva di fare.
Il testo parla un po’ della fama e di come l’artista si sente, ovvero forte come “James Brown in –I feel good-”. Rime molto ironiche che giocano con il suono delle lettere, esempio tipico della scrittura iper catchy di Meghan, che con la traduzione non rende. “I ain’t saying I’m the besteses, But I got nice curves, nice breasteses, I don’t erase the textes from my exeses” (Non sto dicendo di essere la migliore, ma ho delle belle curve, un bel seno, non cancello i messaggi dei miei ex).
02. ME TOO: secondo singolo ufficiale rilasciato il 5 maggio, prodotto ancora una volta da Reed e scritto da Meghan e da un certo Jason Desrouleaux, che tutti conosciamo come Derulo.
La traccia si presenta con sonorità house e nel complesso si può considerare una uptempo synthpop dal carattere aggressivo per quanto riguarda strofe e ritornelli, ai quali si alterna un pre-ritornello più leggero e puramente pop. Di per sé è una traccia abbastanza sperimentale e potente che potrebbe far bene in attesa dell’estate. Probabile tormentone estivo? Questo forse no, ma ha un sound che potrebbe davvero farsi notare nei club.
E’ un inno all’amor proprio e all’avere fiducia in sé stessi, una tematica che è spesso presente in gran parte delle composizioni della Trainor. Versi che a tratti sono estremamente sfacciati come “If I was you, I’d wanna be me too” (se fossi in te vorrei essere me), rime dal sapore egocentrico che devono essere prese con leggerezza per arrivare al vero messaggio: amare sé stessi.
Come accennato sarà fatica ripetere il successo di “NO”, ma i conti si fanno alla fine.
03. NO: lead single di “Thank You”, prodotta dal già citato Reed e rilasciata il 4 marzo scorso; ad oggi è già stata registrata disco di platino negli USA, ha raggiunto il podio della Hot 100 e non vuole saperne di uscire dalla top20.
Si può considerare l’highlight dell’album, la miglior creazione della carriera di Meghan (ad oggi) e senza dubbio una perla rara del pop di questo periodo. “NO” è nata dopo un confronto della cantante con il suo mentore e capo L.A. Reid. Meghan sentiva la pressione di dover creare una nuova hit ma non voleva fare una “All About The Bass 2.0”, al che Reid rispose:”Non ti sto chiedendo quello, lo giuro, ma ti conosco come autrice e so che puoi far meglio e che spronandoti lo farai”. Dall’incontro Meghan uscì arrabbiata ma usò tale energia per creare appunto “NO”, che subito fece impazzire L.A. Reid.
Ci troviamo di fronte ad una uptempo dance-pop/r&b che subito ci riporta ai primi anni 2000, a Britney Spears e alle Destiny’s Child in primis, da cui la Trainor senza ombra di dubbio si è ispirata nel comporre la canzone. Un continuo cambio di ritmo e registro vocale che, uniti, formano una vera e propria esplosione musicale che da tempo non si sentiva in questo genere. I primi 20 secondi ingannano completamente l’ascoltatore che, convinto di avere a che fare con una downtempo soul, viene subito dopo rapito dal cambio di repertorio. Un singolo travolgente pensato e creato in maniera sublime. Ottima la performance vocale, a tratti pseudo-rappata ma molto convincente ed aggressiva.
Per quanto riguarda il testo Meghan lo descrive come un “impetuoso inno alle donne”, il messaggio in sé dovrebbe essere quello di far capire agli uomini che le donne si sanno divertire anche da sole e che ogni tanto bisogna saper dire di no “Thank you in advance, I don’t wanna dance (nope), I don’t need your hands all over me” (grazie in anticipo, non voglio ballare – no – non ho bisogno delle tue mani intorno a me).
Con questo singolo Meghan Trainor ha tirato fuori gli artigli ed è tornata a ruggire con la grinta che la contraddistingue. Canzone impeccabile, nessuna traccia dell’album riesce a superarla.
04. BETTER (feat. Yo Gotti): la quarta traccia (4 su 4 prodotte da Reed fin’ora) è stata rilasciata il 22 aprile come singolo promozionale e contiene la prima collaborazione di “Thank You”, con il rapper americano Yo Gotti.
Midtempo pop/r&b dalle sfumature caraibiche che nuovamente richiama alle sonorità passate. Non è tanto travolgente quanto le tre precedenti ma è a suo modo ipnotica nella sua delicatezza.
La voce di Meghan appare molto dolce (decisamente un registro vocale differente da quello che siamo abituati) ma nel complesso non è valorizzata e passa in secondo piano, soffocata dalla bellezza della parte strumentale; effetto differente crea l’entrata di Yo Gotti nella terza strofa, che dà un tocco più grintoso al pezzo. Di per sé, pur non risaltando la voce della Trainor, “Better” fa il suo effetto ed è una produzione molto sensuale, calda ed estiva.
Il testo parla di una scottatura in ambito amoroso, che porta la cantante ad ammettere che meritava di più di quanto abbia ricevuto. Yo Gotti fa la parte del fidanzato e risponde che dopotutto forse quanto dice è vero, si scusa e promette che un domani si impegnerà a fare del proprio meglio: “Let’s talk about that four letter word: love. I think you deserve a king, I think you deserve the world and everything in it” (parliamo di quella parola di quattro lettere: amore. Penso che ti meriti un re, penso che ti meriti il mondo e tutto ciò che c’è dentro).
05. HOPELESS ROMANTIC: il produttore è lo stesso ma il tono è decisamente diverso, non solo dai brani che lo precedono, ma anche dall’intero repertorio dell’artista.
“Hopeless Romantic” rappresenta la Meghan più intima ed intensa, quella a cui lei stessa si riferiva quando i giornalisti le hanno chiesto di descrivere l’album nei mesi scorsi. E’ una ballad pop molto minimal, la voce dell’artista è il centro focale del brano; libera da tutti i fronzoli strumentali è accompagnata da una base di chitarra (e organo).
Una delle performance più pulite e genuine di “Thank You” che ci permette di apprezzare il suo timbro senza badare a quelle cose che solitamente lo mettono in secondo piano.
Il testo parla della continua ricerca d’amore da parte di una ragazza che non si arrenderà finché non l’avrà trovato, “I’m just a hopeless romantic, Looking for love, I’d risk it all just to have it” (sono solo un’inguaribile romantica in cerca d’amore, rischierei tutto pur di trovarlo). Un bellissimo testo d’amore serio, senza quell’ironia che solitamente caratterizza le rime della Trainor. Bello ascoltarla in questa sua sfaccettatura più personale.
06. I LOVE ME (con LunchMoney Lewis): altra traccia promozionale rilasciata lo scorso 15 aprile, nuovamente prodotta da Reed. La traccia è accompagnata dalla voce dell’artista hip-hop LunchMoney Lewis, conosciuto per la hit supertravolgente “Bills”.
Uptempo pop dallo stile vintage, produzione allegra e orecchiabile, fresca nella sua semplicità.
La base è formata prevalentemente da percussioni, chitarra e tamburello, un mix ritmato che rende la canzone funky e ballabile.
Ottima l’unione tra la voce di Meghan e quella di LunchMoney Lewis, entrambi timbri squillanti pieni di energia e carisma. I due sono saliti alla ribalta grazie a brani nei quali non si prendevano sul serio e nulla poteva essere più azzeccato che un loro duetto.
Il testo è un altro inno all’amor proprio, a vedere le proprie potenzialità anche e specialmente quando gli altri non sembrano farlo. Meghan è un po’ la paladina delle empowerment songs e anche “I Love Me” va inserita all’interno di tale categoria.
“They’ll make jokes about my name, They gon’ try to clip my wings, but I’m gon fly, I’m gon’ fly” (faranno delle battute sul mio nome, proveranno a tagliarmi le ali ma io volerò, volerò).
Ottimo pezzo!
07. KINDLY CALM ME DOWN: prima traccia non prodotta da Reed ma dal team di produttori The Elev3n. Torna la Meghan versione intima per questa ballad pop estremamente emotiva ed efficace. Quando canta canzoni così, quasi non sembra lei.
La base è inizialmente composta dalle note dolci di un pianoforte, a cui poi si aggiungono quelle più potenti della batteria.
Strofe basic capaci di catturare l’attenzione dell’ascoltatore; ritornello molto buono, reso ancora più convincente dai cori.
Davvero apprezzabile la performance vocale della Trainor, anche nelle parti più acute che arrivano verso la fine.
Canzone d’amore da parte di una ragazza che parla direttamente al suo partner per chiedergli di curare tutti i suoi pensieri negativi attraverso il suo affetto e le sue attenzioni. “When I lose my mind, Would you still remind me? When I’m feeling lost, Would you come and find me?” (quando perderò la testa ti ricorderai ancora di me? Quando mi sentirò persa mi verresti a cercare?). Meghan Trainor sa essere anche romantica, questa canzone ce lo conferma!
08. WOMAN UP: bis dei The Elev3n per la produzione di questo brano che comunque a molto non suonerà nuovo, in quanto è una cover (con testo rivisto) di un singolo del 2014 dell’ex Pussycat Dolls Ashley Roberts.
Ottima uptempo pop/r&b coinvolgente e ritmata che potrebbe far benissimo in classifica, grazie ad un ritornello efficace che entra in testa dal primo ascolto.
La parte strumentale è formata da un mix percussioni-chitarra-tromba che conquista e fa venir voglia di ballare. Buona la performance vocale di Meghan, che sfoggia qui il registro più acuto del suo strumento.
Il testo è l’ennesimo inno alle donne e al potere del fascino femminile, tematica prediletta dalla prorompente artista. “All my girls raise your hand, If you don’t need a man, Cause you’re more than good enough, You gotta woman up, woman up” (Tutte le mie ragazze alzino le mani se non necessitano di uomo, perché voi siete già ottime abbastanza, forza donna, forza donna)
Traccia che ha tutte le caratteristiche di una hit, anche se la versione originale della sfortunata Ashley Roberts è passata completamente inosservata. La vita di questo brano con Meghan potrebbe avere più fortuna?
09. JUST A FRIEND TO YOU: nona traccia di “Thank You” scritta e prodotta con l’aiuto di Chris Gelbuda, songwriter e produttore che in passato assieme alla ragazza ha dato vita alla hit “Like I’m Gonna Lose You”.
Midtempo pop (con sfumature hawaiian pop) caratterizzata dalla presenza di uno strumento molto caro a Meghan Trainor: l’ukulele. La cantante ha un’ampia conoscenza musicale e può permettersi di sperimentare vari generi, anche se questa versione troppo “pacifica” non convince troppo, o forse serve un po’ più di tempo per abituarsi.
Molto buona la performance vocale, pulita ed in primo piano rispetto tutto il resto.
Data la base un po’ smielata non poteva che trattarsi di una canzone d’amore, il racconto di una storia tra due innamorati che ancora pensano di essere amici perché non vogliono oltrepassare quel confine che si presenta come una strada senza ritorno. “Tryna be careful with the words I use, I say it cause I’m dying to, I’m so much more than just a friend to you” (Sto cercando di andare cauta con le parole, lo dico perché ci sto morendo, sono molto più che solamente un’amica per te).
Nel complesso è una canzone piacevole e rilassante ma stona un po’ con la linea stilistica del progetto, sarebbe stato forse più appropriato inserirla nella deluxe edition, a mio personale parere.
10. I WON’T LET YOU DOWN: decimo brano alla cui produzione torna Reed.
Ci troviamo davanti ad una midtempo synthpop semplice ma efficace ed orecchiabile, una delle performance più fresche e spensierate di “Thank You” che ricorda molto lo stile intrapreso da Foxes per alcuni brani del suo ultimo album.
C’è poco da fare, la Trainor (per quanto sia apprezzabile anche nelle ballad) è con questo genere più allegro che dà il meglio di sé, essendo capace di donare una ventata di freschezza che la musica di oggi a volte trascura per dare spazio a basi pesanti e martellanti.
Altro testo dedicato all’amore e alle promesse fatte dalla ragazza per impegnarsi a farlo funzionare: “I’m gon’ right my wrongs, I’m gon make you proud, Cause I made my mistakes, probably more than I can count, So from this day on, I won’t let you down” (Correggerò i miei difetti, ti render fiero, perché faccio i miei errori, probabilmente più di quelli che posso contare. Quindi da oggi in poi non di deluderò).
Solo un appunto per finire, dopo aver terminato l’ascolto dell’intero album ci si accorge che “I Won’t Let You Down” presenta qualche somiglianza di troppo con l’ultima traccia della deluxe, “Thank You” e, paradossalmente, tra le due forse la migliore è proprio quest’ultima.
11. DANCE LIKE YO DADDY: undicesima nonché penultima traccia della versione standard di “Thank You”, sempre prodotta da Reed. “Dance Like Yo Daddy” può considerarsi l’erede di “All About The Bass” e “Lips Are Movin”, in quanto è quella del nuovo album che più si avvicina a quello stile giocoso ed ironico delle sonorità bubblegum pop e doo-wop.
Gli strumenti principali sono le percussioni e le trombe, che accompagnano in maniera estremamente ritmata la voce di Meghan lungo tutta la durata di questa uptempo pop/r&b dal gusto retrò. Il risultato è positivo e travolgente, senza dubbio una delle migliori tracce di “Thank You”; se l’artista non decidesse in futuro di estrarla come singolo farebbe un grosso errore.Impossibile non far cenno anche alla performance vocale della Trainor, potente, convincente e accattivante. “Dance Like Yo Daddy” ha quel pepe che ha rapito il pubblico ai tempi di “Title”.
Il testo è tutt’altro che impegnato e non c’è molto da dire, parla di musicalità e di passi di ballo in maniera ironica e spensierata, tirando in ballo sua mamma e suo papà.
12. CHAMPAGNE PROBLEMS: per l’ultima traccia della standard edition di “Thank You” Meghan Trainor si affida ai produttori Tommy Brown (Ariana Grande, Chris Brown, Nas…) e Khaled Rohaim (Rihanna, Kid Ink…).
Meghan rilasciò uno snippet del brano già il 22 aprile scorso ed ora, a distanza di 3 settimane, abbiamo finalmente la possibilità di ascoltarlo nella sua totalità. I rumors lo davano come secondo singolo anche se ormai sappiamo che la scelta è ricaduta su “Me Too”.
“Champagne Problems” è una midtempo dance-pop orecchiabile e ballabile , in linea con le produzioni danzerecce che vanno nelle discoteche di oggi (“Lean On”, “I Took A Pill In Ibiza”…).
La voce di Meghan esce in maniera delicata e sensuale e, a proposito di questo, molti hanno fatto notare sin dal primo snippet una somiglianza tra la voce (in questo brano) di Meghan e quella della sua amica Ariana Grande. Bisogna ammettere che, in effetti, una certa somiglianza c’è, molto probabilmente dovuta all’uso dell’auto-tune.
Per quanto riguarda il testo è senza dubbio il più “superficiale” e meno apprezzabile di “Thank You”; parla di taxi in ritardo, wi-fi che non funziona e, ovviamente, di champagne. “Champagne problems” sarebbero quei problemi così inutili che alla fine piuttosto che arrabbiarsi conviene berci su.
DELUXE EDITION: La deluxe edition di “Thank You” è composta da tre brani, tutti e tre incentrati sugli affetti. “Mom” (feat. Kelly Trainor) è una dedica e ringraziamento alla mamma Kelly, che fa anche un cameo nel corso della canzone. Bellissime parole per una mamma e amica speciale, un regalo anticipato per la festa della mamma.
Segue “Friends”, traccia dedicata all’importanza dell’amicizia, di quelle persone che ci sono sempre nonostante tutto e sono come una famiglia. Entrambi i pezzi sono migliori dal punto di vista emotivo che qualitativo, giusta la scelta di inserirli come brani bonus nella deluxe.
Discorso diverso va fatto per “Thank You”, canzone che Meghan era impaziente di far sentire ai fans in quanto proprio a loro è dedicata, alla loro dedizione e al loro affetto. Ottima dal punto di vista qualitativo e, ancora una volta, ci troviamo di fronte ad una title track che avrebbe meritato di essere inserita nella versione standard. Va detto che la traccia comprende la terza collaborazione dell’album, quella con il duo R. City.
A recensione conclusa possiamo confermare quello che un po’ ci si aspettava dalle anteprime: “Thank You” rappresenta un passo in avanti per la carriera di Meghan, senza però rinnegare il sound che l’ha resa famosa ed identificabile. L’aggettivo che meglio definisce il progetto nel suo insieme è: catchy.
“Thank You” è un prodotto fresco e, appunto, catchy. Spolverà un po’ tutti i lati caratteriale della cantante, dando la precedenza ovviamente a quello più carismatico e allegro che abbiamo avuto modo di conoscere da “All About The Bass”, senza sottovalutare quello più intimo ed introspettivo che esce tramite le ballads, che ci permettono di esplorare le varie sfaccettature di un’artista che si può definire completa.
Apprezzabile e coraggiosa la scelta di riportare alla luce sonorità passate degli anni fine ‘90/inizi 2000, per mischiarle con il gusto di oggi. In ambito pop senza dubbio Meghan Trainor ha tanto da dare e ha davanti un’intera carriera per farlo, continuando a sperimentare prendendo spunto da coloro che più hanno influenzato la sua crescita musicale, senza però perdere la sua unicità e rinnegare il suo stile.
“Thank You” era uno dei lavori più attesi di questa primavera; “No” ha aperto l’era in maniera sorprendente e ci auguriamo che la Trainor possa gestire i futuri singoli in maniera altrettanto ottima. Voi avete ascoltato “Thank You”? Quali sono le vostre considerazioni?