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Pharrell Williams – G I R L | Biografia + Recensione CD

manuUSH by manuUSH
12 Marzo 2019
Reading Time: 7 mins read

“Get Lucky”, “Blurred Lines” e ora “Happy”… nelle più grandi hit dell’ultimo anno c’è di mezzo lui… Pharrell Williams!

Il ’40enne più giovane’ del musicbiz ha raggiunto risultati stratosferici e non ha nessuna intenzione di fermarsi in questo 2014, ma lasciatemi fare un tuffo nel passato per ripercorrere la sua gloriosa carriera da producer, cantante e songwriter, prima di arrivare al suo secondo studio-album da solista  “G  I  R  L“, quindi mettetevi comodi :

 

C’era una volta un afroamericano e un filippino… no, non è una barzelletta ma la storia di due giovani incontratisi durante un campo estivo, grazie al loro talento. Uno suonava il piano e la batteria, l’altro il sassofono… il primo rispondeva al nome di Pharrell Williams, il secondo al nome di Chad Hugo!

I due iniziarono a far musica a livello locale fin da subito, con l’intento di creare un gruppo di produzione ma senza prendersi troppo sul serio, tanto è vero che scelsero di chiamarsi ‘Surrounded by Idiots”, accompagnati da un certo Timothy Mosley e dal rapper Melvin Barcliff. Ma ancor prima di iniziare a registrare insieme, il gruppo si divise letteralmente in due… non potevano saperlo, ma stavano nascendo le ‘coppie di produzione’ più influenti dei successivi decenni, fino ad oggi… ovviamente parliamo dei The Neptunes e del duo Timbaland & Magoo, capitanati rispettivamente da Pharrell e da Timbaland, guarda caso, i due producers di maggior successo di quest’ultimo anno!

La scalata al successo dei The Neptunes fu graduale, quando nel lontano 1990 vennero ‘scoperti’ dal produttore del momento, Teddy Riley. L’ideatore del New Jack Swing, contribuì ad indirizzarli nel musicbiz attraverso alcuni remix e collaborazioni con gruppi storici come le SWV e i Blackstreet . Ma il loro sound distintivo, emerse a fine anni ’90 con la hit confezionata per Mase, “Lookin’ at Me“, e quindi con la consacrazione definitiva in seguito al loro lavoro per l’emergente Kelis, con l’album “Kaleidoscope“. Quel sound innovativo, caratterizzato dall’uso geniale dei sintetizzatori elettronici e delle drum machine, conquistò praticamente tutto il mondo urban, così la loro lista di produzioni diventò infinita: Jay-Z, Ludacris, Busta Rhymes, P.Diddy, Usher, Beyoncé, Justin Timberlake, Nelly, Snoop Dogg ecc… scrivendo una pagina indelebile della storia della black music, quella della prima metà degli anni 2000.

Proprio durante questi anni gloriosi, Pharrell si spinse ben oltre, così parallelamente ai The Neptunes, decise di divulgare la sua nuova ispirazione a sonorità rock e funk, attraverso il gruppo N.E.R.D (con l’aggiunta del terzo componente Shay Haley), proponendo uno stile hip-hop alternativo; fu proprio così che P si avvicinò ai Daft Punk, che ritroveremo successivamente, e alla leader dei No Doubt, Gwen Stefani, con la quale diede vita a “Can I Have it Like That“, il primo singolo da solista estratto dal primo studio-album “In My Mind” (2006), con la partecipazione di Snopp Dogg, Jay-Z, Kanye West e Nelly.

Negli anni successivi, Pharrell continuò a collezionare successi, e questa volta non solo nel mondo urban. A fine decennio, infatti, viene scelto da artisti come Britney Spears, Shakira e soprattutto da Madonna , per l’album “Hard Candy“, dove ritroverà anche l’amico Timbaland… ma questo è solo il preludio alla sua nuova leadership!

Ed eccoci arrivare al presente:

E’ negli ultimi anni, infatti, che Pharrell viene illuminato da una nuova ispirazione!  Senza stravolgere il suo stile originario, si rifà alla musica anni ’70, colpito in particolar modo dalle percussioni e bassi dello stile Motown. I primi segnali arrivano da “Twisted” confezionata per Usher, ma come sapete, è con “Blurred Lines” prodotta per Robin Thicke che raggiunge un successo incredibile, da sommare a quello di “Get Lucky”, in collaborazione con i Daft Punk e Nile Rodgers. Il risultato?  Il completo dominio nelle chart di tutto il mondo!

Così, Pharrell è tornato a trasformare in oro tutto ciò che tocca, ritrovandosi con una nuova hit internazionale come “Happy“, inizialmente ideata per la colonna sonora del sequel di Despicable Me (Cattivissimo Me 2) e che in breve tempo è riuscita a conquistare, ancora una volta, il mondo intero, forse superando anche i numeri delle hit precedenti.

E’ proprio sulla scia di questo successo che Pharrell decide di pubblicare il suo secondo disco da solista a distanza di 8 anni, intitolato “G  I  R  L“, disponibile dal 3 Marzo, via Columbia Records.

Il concept è molto semplice, tutto racchiuso in questi quattro caratteri cubitali, onorando non solo le figure femminili che hanno fatto parte della sua vita, ma tutte le donne del mondo.“…Abbiamo bisono di loro…” ha dichiarato il cantante in una recente intervista… e come dargli torto?!

Possiamo partire allora con il nostro track by track:

 

Pharrell vuole aprire questo nuovo disco in maniera ‘cinematografica’, per questo si fa aiutare dalla vecchia conoscenza Hans Zimmer, che ingaggia un’orchestra di 30 elementi. E’ il suono degli archi, infatti, ad anticipare la prima traccia “Marilyn Monroe“. Questa non vuol essere una vera e propria ode alle muse come Marilyn, appunto, Cleopatra e Giovanna d’Arco, tre nomi che rappresentano l’emblema del sex-appeal e del potere femminile, ma un ode all’individualità, che non per forza deve essere una figura stereotipata. Si notano le prime influenze Motown, soprattutto nei bassi, ma a prevalere in questa traccia è il classico stile di Pharrell, a differenza dei prossimi due brani, che ci trasportano direttamente in un sound tipico degli anni ’70, ’80; la prima è “Brand New“, dove incontriamo anche il primo ospite musicale, Justin Timberlake. I due si ritrovano ufficialmente dopo un bel po’ di tempo, sfidandosi a ‘colpi di falsetto’ mentre cantano del potere rigenerante dell’amore. La produzione si lascia subito apprezzare per le sfumature disco-funk conferite dal suono delle trombe e dall’inconfondibile guitar stile Nile Rodgers, che ascolteremo spessissimo durante l’album.

Segue la stessa scia ‘funkeggiante’ “Hunter“, forse anche un po’ troppo!? La particolarità, evidentemente, sta nel testo, scritto dal punto di vista di una donna. Ma è proprio con questa traccia che si conclude momentaneamente la parte dancefloor, perchè in “Gush” riascoltiamo il suono vintage dei The Neptunes, stilisticamente molto vicina alle precedenti produzioni per Snoop Dogg, giusto per rendere l’idea. Si tratta della sexyjam più esplicita dell’album e quel ‘Light that ass on fire’ (che ci riporta ad una sua vecchia produzione per Busta) nel pre-chorus, è la conferma che ci troviamo di fronte al classico Skateboard P.

Il groove creato è quello giusto, l’album si lascia ascoltare piacevolmente, tanto è vero che ci ritroviamo già nel cuore del progetto, dove non poteva mancare l’ennesima mega-hit tirata fuori dal cilindro… o se preferite, da quel suo cappello strambo Vivienne Westwood; parliamo di “Happy” ovviamente, che con la sua positività ha contagiato davvero tutti… impossibile resistere a questa uptempo, chi di voi non si è mai ‘scatenato’ all’ascolto di questo pezzo?

Dei riff di chitarra anticipano la prossima traccia, “Come Get It Bae“, e qui ci ritorna utile la biografia di cui sopra, poiché Pharrell si ispira ad una famosa tecnica di produzione dell’amico Timbaland; il beat è praticamente quello usato per “Pass That Dutch” di Missy, ma personalizzato secondo la sua nuova ispirazione, che è la stessa che caratterizza (quasi) tutto l’album. Il testo è simpatico, Pharrell invita le ‘Girls’ (utilizzando il falsetto) a fare un giro sulla ‘sua moto’, ritrovando nel bridge Miley Cyrus, che partecipa con i suoi vocals al brano!

Molto più sofisticata è la produzione per “Gust Of Wind“, caratterizzata dal suono dei violini e da quello incisivo della chittarra elettrica in background. Nel ritornello si sente chiaramente la presenza dei Daft Punk con quella voce ‘robotica’, mentre per quanto riguarda le liriche, è evidentemente la più ‘poetica’, in quanto si allude ad una donna (ovviamente) quando si fa riferimento ai vari fenomeni atmosferici… il titolo è tutto un programma.

Possiamo ufficialmente dire addio all’ispirazione funk nelle ultime tre tracce: un coro tribale apre ed accompagna per l’intero brano, la produzione minimal di “Lost Queen“, ennesimo tributo ad una donna che P ritiene fuori da questo mondo, fin quando veniamo trasportati attraverso il suono dell’oceano alla hidden-track “Freq“, che vuole essere un gioco di parole tra frequenza ed equilibrio. Mentre Pharrell fa da guida spirituale, emerge questo loop seducente, arricchito dai vocals di JoJo, semplicemente sublime durante il bridge. E’ questa, forse, la parte più interessante dell’ album, anche perchè subito dopo troviamo il duetto con Alicia Keys, “Know Who You Are“. Sonorità soulful abbracciano sonorità reggae giamaicane e, secondo il mio parere, non poteva esserci voce migliore di quella di Alicia su questo stile! Performance vocale eccellente, si candida come miglior featuring dell’album… e a quanto pare, non sarà l’unico tra i due, ma per questo bisognerà aspettare il prossimo lavoro di AK.

Arriviamo al termine di questo ‘tour gioioso’ con “It Girl” che esordisce così:  “You the it girl, hey hey, my inspiration“… nel caso qualcuno non l’avesse capito! Pharrell chiude alla grande, perchè in questa produzione vengono praticamente racchiusi tutti gli elementi che hanno composto quest’album e non solo… la parte strumentale finale (percussioni, synth e chitarra elettrica) onora anche quella sua ispirazione che, come abbiamo precedentemente accennato nella biografia, ha portato alla nascita del gruppo N.E.R.D. e al concetto di Seeing Sounds.

In conclusione possiamo affermare che, anche se prevalgono sonorità funk-pop, tra arrangiamenti lussureggianti e riff di chitarra,  non risulta essere un album monotono. Come abbiamo notato, ci sono diversi cenni all’R&B classico e a quello sperimentale, dove Pharrell si lascia sempre apprezzare. Il titolo “G I R L” destava qualche preoccupazione circa i contenuti, ma l’artista si mostra decisamente più ‘maturo’ rispetto al precedente disco da solista, così, anche se ci sono delle metafore a sfondo sessuale, si tratta di una vera celebrazione della donna, arricchita addirittura da testi motivazionali.

Questo non è un album che ha bisogno di voti, perchè risulta essere un lavoro ‘sincero’ e senza grosse pretese, ma potete stare sicuri che l’ascolto di quest’ultimo vi metterà di buon umore… d’altronde è proprio questo lo scopo della musica, non trovate? Come direbbe qualcuno… Yessurr!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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