Recensione del primo album da solista dell’Ex One Direction, Zayn con il suo Mind Of Mine
Ogni volta che un componente di una nota band decide di abbandonare il gruppo, tantissimi fan si sentono mancare la terra sotto i piedi, per così dire. L’ultimo caso eclatante è avvenuto con gli One Direction, fenomeno da decine di milioni di copie, che sarebbero dovuti rimanere insieme per sempre, legati da un intoccabile giuramento verso le loro fan. Peccato, o per fortuna, che fra di loro c’era anche il “traditore” Zayn Malik.
Il giovanissimo interprete ha esordito grazie a X Factor UK nel 2010,
all’epoca diciassettenne, come solista per poi essere stato inserito nel gruppo teen pop e pop degli One Direction grazie alla decisione di due dei quattro giudici, l’ex Pussycat Dolls Nicole Scherzinger e Simon Cowell.
Dopo una carriera con il gruppo piena di successi, quattro album (oltre 20 milioni di copie nel mondo), rilasciati in quatto anni di carriera, innumerevoli singoli diventati poi hit, tra cui tre numeri uno nella loro terra, il Regno Unito, e ben quattro tour mondiali best seller, Zayn decide di abbandonare i suoi quattro compagni il 25 Marzo 2015 nel pieno del loro quarto tour mondiale, l’On The Road Again Tour, per “vivere una vita da normale ventiduenne“.
In realtà le cose non sono andate proprio così, e Zayn ad un anno esatto è tornato con il suo primo album solista, intitolato “Mind Of Mine“, ossia “di testa mia“. Il cantante di origini pakistane ha spiegato che si era sentito molto sotto pressione durante la sua permanenza negli One Direction, dal momento che le sue idee artistiche non venivano tenute in conto da chi li gestiva, si sentiva come se fosse in trappola, imprigionato in una sorta di gabbia dorata. Da qui la decisione di mollare tutto, o quasi. Il cantante si mise in realtà già al lavoro poco dopo la decisione di staccarsi dagli ex compagni. Era tempo di spiccare il volo per Zayn, o forse semplicemente di esprimere il bisogno egoistico di pretendere che finalmente i riflettori fossero puntati tutti su di lui, e lui soltanto.
Per ascoltare un nuovo singolo si è dovuto aspettare relativamente molto, più di un anno, finchè si calmassero un po’ le acque.
Il suo ultimo singolo come membro degli One Direction, “Night Changes”, è infatti datato 14 novembre 2014, mentre il suo primo singolo da solista, “Pillowtalk”, è stato pubblicato il 29 gennaio di quest’anno, raccogliendo i consensi di maggior parte della critica e dei fan, arrivando in prima posizione sia nella classifica dei singoli del Regno Unito che in quella degli Stati Uniti nella settimana di debutto, segnando tanti record, alcuni più importanti di altri.
Il CD presenta come copertina una foto di Zayn da bambino, quasi a voler simboleggiare una rinascita artistica dell’interprete, un nuovo inizio. E’ composto da 14 tracce nella sua versione standard e da 18 nella deluxe. Zayn è accreditato come songwriter in tutti i pezzi, questo a conferma di una sua partecipazione effettiva, quantomeno relativamente ai testi.
Con questo album Zayn ha dichiarato di essere cambiato e di voler dimostrare a tutti di non essere più il cantante che faceva successi perchè in una boyband acclamatissima dalle ragazzine. Per far sì che questo potesse accadere veramente, l’interprete si è fatto aiutare da grandi nomi della discografia attuale, ma avrà fatto abbastanza per adempiere al suo obiettivo?
Quello che ci preme sottolineare è che questo disco non ci ha convinto del tutto, e vi spieghiamo perchè. Da un punto di vista del sound, il lavoro si distacca certamente da quanto proposto dagli One Direction, come era naturale che fosse, tuttavia non reputiamo che questo progetto rappresenti una chissà quanto consapevole maturazione artistica.
C’è un mix di R&B e di pop con le solite influenze urban, e quell’ R&B cosiddetto “alternative” (che ormai di alternativo non ha proprio un bel niente, dal momento che è diventato un genere di cui si fa uso ed abuso), portato in voga negli ultimi anni da personaggi come Frank Ocean (Malay è anche nel team di produzione del disco di Zayn), Miguel e soprattutto la rivelazione R&B dell’ultimo anno, The Weeknd.
Con questi interpreti l’ R&B si è allontanato sempre più dalle origini, cadendo in una sorta di nebbia di sperimentalità, un tripudio di suggestioni ed atmosfere soffuse, non definite, che raggiungono l’animo dell’ascoltatore e tentano di catapultarlo in queste nuove realtà.
Questo è il filone su cui si inserisce il nuovo lavoro di Zayn, non mancano anche riferimenti alla discografia di artisti come Chris Brown (altro pioniere della miscellanea tra R&B e pop, seppure non così addentrato nella sperimentalità); tuttavia a nostro avviso si tratta soltanto di una nuvola di vapore che si aggiunge a questa nebbia già generata da altri.
Non fraintendeteci: l’album a parte qualche rara eccezione non contiene tracce che possano definirsi brutte, o con prestazioni vocali scarse (dimenticabile l’interlude “Flower” e non proprio ottimo l’uso del falsetto in “Rear View”).
Ci piacciono tantissimo pezzi come “Pillowtalk” ed “It’s You” (davvero fine questa traccia, e buonissima la prestazione vocale), tuttavia andando avanti con l’ascolto dell’album, l’atmosfera rimane sempre la stessa, sembra sempre di ascoltare la stessa traccia, in questo continuum di suggestioni malinconiche che dopo qualche brano diventano pedanti ed anche noiosette.
Zayn ha dalla sua una caratteristica fondamentale, che non sempre è scontata al giorno d’oggi: sa cantare.
ed infatti all’interno della band era assieme ad Harry Styles il componente più vocalmente dotato, in grado di far intravedere anche una maggiore profondità e mistero rispetto ai suoi colleghi. Era facile lasciarsi sedurre dal suo potenziale.
Zayn risultava essere il più interessante, tuttavia questo “fuoco” che ardeva non è stato espresso a dovere in questo lavoro, che appare per certi versi forzato e calcolato. E’ un cd che sembra essere stato concepito esclusivamente per le vendite, seguendo la scia di ciò che sta attirando attualmente.
L’ha fatto anche Justin Bieber con Purpose, con la differenza che Zayn sa cantare.
Malik ha una bellissima voce, dotata di buona estensione e buonissime capacità nell’uso del falsetto. Ma non solo, la sua voce presenta anche un qualcosa di “spettrale” e misterioso, e grazie ad essa Zayn riesca a regalarci davvero sella atmosfere uniche. Il disco presenta sicuramente dei momenti buoni, per questo noi comunque gli diamo un voto positivo. Forse allora è un problema di timbrica, che non tanto si addice a certe sonorità. Potrebbe anche essere, fatto sta che si avverte una ripetitività di fondo dell’intero progetto.
Forzato non solo nel sound, fortemente condizionato dal mercato, ma anche nelle liriche. Prendiamo la tematica del sesso.
Zayn ce lo aveva anticipato: in questo disco avrebbe parlato per la prima volta di sessualità in maniera più esplicita.
Il giovane uomo ha 23 anni, e tantissimi suoi colleghi, uomini e donne, non fanno altro che parlare di sesso nelle proprie canzoni, in maniera più o meno esplicita.
Ma quanto sembra costruito il voler buttare tutto su particolari hot, anche troppo spesso un po’ esagerati? Il sesso come sempre viene strumentalizzato per spacciare una maturazione artistica presunta.
Zayn peraltro non è esploso da bambino, come Miley Cyrus e Nick Jonas, il suo primo disco è comunque uscito quando aveva 18 anni, d’accordo che fosse negli One Direction, ma non c’è bisogno nemmeno di passare da un giorno all’altro da dichiarazioni adolescenziali a versi da letteratura erotica.
Per non parlare dei riferimenti alle droghe e all’ alcol, un altro clichè. Per certi versi l’album si propone di mostrare ciò che converrebbe secondo i canoni sociali ad un uomo adulto e vissuto, ma finisce per estremizzare il concetto, trasformando in una sorta di parodia questa metamorfosi.
Se volessimo fare un paragone con un’altra celebre popstar che ha abbandonato il proprio gruppo d’origine, questo “Mind Of Mine” non si può neanche lontanamente paragonare ad un “Justified” di Justin Timberlake, dove si dimostrava ben altra padronanza, presenza e consapevolezza e sì, anche maturità.
Le potenzialità per far bene Zayn le ha tutte e ci aspettiamo molto di più per il futuro. Perchè questa è soltanto un’altra mossa commerciale, l’ennesima, e siamo stanchi di questi artisti che rivendicano indipendenza e maturità, quando in realtà quello che fanno (o che fanno per loro) è esattamente l’opposto.
Un disco fatto tanto per seguire la scia di The Weeeknd e Frank Ocean, senza arrivare minimamente a toccare l’intensità di quei lavori. Se Zayn prima riusciva a distinguersi rispetto ai compagni, ora deve vedersela con dei competitors, coloro che con la loro musica hanno veramente influenzato questo lavoro (“Mind Of Them”, potremmo dire), e che nel loro campo hanno raggiunto una padronanza e credibilità che Zayn ancora sta cercando.
La grande carriera di un artista in genere si avvia quando si ha ben chiaro che cosa si vuole proporre al proprio pubblico, e non attraverso incerti tentativi.
E voi? Che ne pensate del nuovo disco di Zayn?
Recensione a cura di Davide. Grazie a Massimo Favaro per l’introduzione.