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Che fine ha fatto la cantante Norvegese Lene Marlin? Scorpiamolo.
Eccoci con il secondo appuntamento della rubrica “Che fine ha fatto”, con la quale vogliamo ricordare quegli artisti che dopo qualche anno di carriera al top sono completamente scomparsi dalle classifiche mainstream.
Settimana scorsa abbiamo scelto di cominciare con una nostra connazionale, Lisa; oggi ci occupiamo di una cantautrice straniera, per la precisione norvegese.
Il nome Lene Marlin vi dice niente?
Questa bella ragazza dai lineamenti nordici, immagine acqua e sapone e voce pulita, ha fatto veramente faville nelle classifiche europee (italiane in primis) tra il finire del secolo scorso e gli inizi degli anni 2000, ma la parabola discendente che colpisce molti suoi colleghi ha investito anche lei, tanto che oggi è praticamente scomparsa dalle scene.
Lene Marlin Pedersen è nata nel 1980 in una piccola città della Norvegia settentrionale. All’età di 15 anni le è stata regalata la prima chitarra e da quel momento ha iniziato a suonare da autodidatta e a scrivere canzoni, passando molto tempo nella sua camera a coltivare questa passione.
Ha iniziato a farsi apprezzare dagli amici e dalla gente del suo paese, tanto che una radio locale si interessa a lei e la invita a registrare una demo: è il momento della svolta.
Con la demo cattura l’interesse niente meno che dell’etichetta discografica inglese Virgin Records, che decide quasi immediatamente di offrirle un contratto.
Succede così, come una favola a lieto fine, che in breve tempo la sua musica è diventata qualcosa di più di un hobby, e dalla sua cameretta si è trovata a registrare il suo primo album auto-composto all’età di 17 anni, quando ancora non aveva finito il liceo.
Il successo con il singolo Unforgivable Sinner
Il suo debutto avviene con il singolo “Unforgivable Sinner” che esce nell’autunno del 1998 anticipando di qualche mese la pubblicazione del suo primo album, “Playing My Game”.
Midtempo pop/rock cantata su una base di chitarra/batteria, ritornello molto incisivo e orecchiabile, non è difficile capire perché questo brano sia rimasto per oltre un mese al primo posto nelle hit parade scandinave. Vengono registrati 3 video, uno per il mercato del suo Paese, uno per il mercato europeo ed il terzo per quello americano.
E’ solo l’inizio di un enorme successo, la canzone domina le radio di mezza Europa e Lene Marlin inizia a promuoverla in giro per il mondo; in Italia partecipa, nel 1999, ad una delle più seguite manifestazioni canore, Festivalbar, il cui palco le dà la giusta visibilità per far sì che il singolo raggiunga il primo posto in classifica e vi rimanga per varie settimane.
Un lead single così forte è la giusta pubblicità per l’album, che vende molto bene tanto da ottenere numerosi dischi di platino (Italia, Regno Unito…) e d’oro (Giappone, Svezia…).
A settembre esce il secondo singolo, che bissa il successo del predecessore ed è tutt’oggi la più grande hit della Marlin, in quanto è arrivata a conquistare il mercato britannico. Il brano in questione si intitola “Sitting Down Here” ed è una bellissima midtempo pop dolce e delicata, semplice nella sua composizione con un ritornello che diventa subito un tormentone ed è ampiamente apprezzato dal pubblico.
Forte di questo ulteriore traguardo che l’ha fatta diventare un’artista da milioni di copie vendute ad appena 18 anni, Lene prosegue nella promozione e sceglie “Where I’m Headed” come terzo, ed ultimo, estratto da “Playing My Game”.
“Where I’m Headed” arriva in vetta alle classifiche italiane (viene cantata anche sul palco di Sanremo), francesi, scandinave e in molti altri stati europei: l’Europa sembra adorare il talento limpido, la voce delicata e l’immagine pulita di questa ragazza.
Non tutti però riescono a sostenere facilmente una fama così improvvisa e le pressioni che ne susseguono; Lene si prende una pausa durante la quale, in seguito ad un crollo emotivo, arriva addirittura a tentare il suicidio, come da lei dichiarato in un’intervista rilasciata nel 2014.
La depressione dopo il successo di Lene Marlin
Una depressione che riesce a sconfiggere grazie alla musica; raccoglie le giuste ispirazioni ed inizia a lavorare al suo secondo album autobiografico “Another Day”, che vede la luce nell’autunno del 2003.
Le difficoltà superate si sentono attraverso le canzoni, che prendono un tono più malinconico, maturo ed introspettivo. Il lead single è “You Weren’t There”, brano apparentemente riguardante una relazione finita male ma che, se letto in un’altra chiave, si intuisce che parli del suo momento buio. Non raggiunge i numeri dei predecessori ma fa comunque molto bene, specie in Italia, dove ottiene il disco d’oro, e in patria.
Curiosamente sarà l’unico estratto dal progetto discografico (tranne in Italia dove esce “Sorry”).
Si passa al 2005 con un “Lost In A Moment”, trainato da “How Would It Be”, traccia che porterà Lene Marlin (e la sua inseparabile chitarra) sul palco del Festivalbar per la seconda volta dal ’99. In Italia è accolto benissimo e il mercato italiano si conferma per lei un ottimo alleato, così come quello giapponese (dove pubblica il singolo “Still Here”), che solitamente non accoglie facilmente gli artisti europei.
Chiusa anche questa parentesi arriva il 2009 e così il suo quarto (e ad oggi ultimo) album, “Twist the Truth”. Lo stile è diverso dai precedenti, più intimo e dal sound folk; forse per questo, e ovviamente per la totale assenza di promozione, non riesce ad ottenere i soliti buoni consensi in Europa, se non in Norvegia dove raggiunge il terzo gradino del podio degli album più venduti e si guadagna un disco d’oro.
Sono passati 7 anni e i due singoli estratti da “Twist the Truth”, “Here We Are” e “You Could Have” ancora non vedono successori. Nel frattempo, come forse pochi sapranno, la cantautrice ha anche scritto una canzone per Rihanna, “Good Girl Gone Bad”, dell’omonimo album della popstar.
A partire dal 2009/2010 la carriera da cantante della Marlin sembra essere finita in modalità ‘silenzioso’; ha continuato invece quella da autrice, scrivendo vari pezzi per artisti norvegesi. Non si hanno notizie di un prossimo comeback, per il momento si dedica alla vita privata e, appunto, alla composizione.
Abbiamo così percorso la carriera di una ragazza tanto semplice quanto timida e fragile, testimonianza che, dietro a quello che apparentemente può sembrare un sogno, possono nascondersi delle ombre insostenibili. Per fortuna lei ce l’ha fatta e ha potuto trasformare il suo trascorso e le sue difficoltà in musica.
La voce spesso racconta più di mille parole e, in quella di Lene Marlin, è impossibile non percepire quel velo di malinconia che si cela oltre la dolcezza di un timbro quasi da ‘bambina’; un’artista talentuosa sostenuta da due alleate: la chitarra e la penna.
Personalmente l’ho sempre ammirata e sarei curiosa e felice di vederla tornare in scena, il suo è un pop pulito e genuino che manca, e mancano specialmente l’anima e l’autenticità dei suoi testi.
Questi articoli dovrebbero spingere a rifletterci su come la fama sia in realtà un qualcosa di molto effimero, sono veramente pochi gli artisti che riescono a costruirsi una carriera pluridecennale. La sensation di oggi, potrebbe finire in questa rubrica tra qualche anno. A finire nel dimenticatoio o quasi davvero non ci vuole nulla.
Cosa ne pensate di Lene Marlin?
Diteci la vostra e fateci sapere quali altri artisti vedreste bene in questa rubrica.