Oggi vorrei parlarvi della mia band preferita, gli Evanescence. Preferisco parlarvene man mano che commenterò le canzoni che ho scelto, tra le più belle della loro discografia, perciò partiamo subito:
La prima canzone che vi presenterò è Understanding. Probabilmente non verrà compresa dai non-amanti del genere, ma non posso proprio non citarla in questo articolo. Il pezzo si apre con il suono di un organo, ed è accompagnato da una batteria e dalla voce innocente e tormentata di una Amy Lee ancora giovanissima.
La base è impreziosita anche dal piano che però, quasi a simulare un pianto, fa la sua comparsa solo in poche parti. Tutto scorre con un ritmo pacato ma allo stesso tempo velato e sofferente fino a dopo il secondo ritornello, quando dei plumbei riff di chitarra elettrica prendono il sopravvento sulla base rendendo la parte finale del brano ancora più struggente e logorante.
Questa è una delle primissime canzoni create dagli Evanescence ed è anche una delle più lunghe. Può avere diverse sfumature di interpretazione, ma il suo significato principale è l’obbligo di accettare la presenza del dolore nella vita, e l’impossibilità di eliminarl.
“Can’t wash it all away, can’t wish it all away… Can’t cry it all away, can’t scratch it all away… Can’t scream it all away… Ooh it all away, ooh it all away”.
Per me è incredibile pensare che gli artefici di questo gioiello siano “soltanto” un paio di adolescenti. Understanding risale al lontano 1997 quando gli Evanescence erano ancora un gruppo di ragazzi sconosciuti al pubblico.
All’inizio il gruppo era formato da Amy e Ben Moody (ai quali si aggiunsero in seguito altri musicisti) e, grazie alla potenza vocale di una e alle abilità strumentali dell’altro, si formò una squadra apparentemente perfetta, produttrice di musica caratterizzata da un sound cupo e volutamente poco “curato” che valorizzò e diede pathos ai meravigliosi testi che scrissero all’epoca. Tuttavia questo equilibrio non era destinato a durare per sempre.
Salterò le canzoni di Fallen non perché non sia un buon disco o non abbia pezzi meritevoli (tutt’altro), ma la gente tende a focalizzare tutta la propria attenzione solo su questo progetto, tralasciando gli altri.
Fallen è l’album di debutto della band e differisce dai loro lavori precedenti per la produzione meno “dispersiva” e maggiormente metal. Allo stesso tempo però si avvicinò di più alla musica mainstream, e questa fu la causa della prima frattura del gruppo.
Con il grande successo arrivato inaspettatamente qualcosa cambiò: Ben iniziò a voler puntare alle vendite ed alla popolarità piuttosto che alla musica in sé, e cercò di incanalare tutta la band su questa strada. Amy, avendo ben altro in mente, non accettò il suo punto di vista e quindi lui decise di ritirarsi.
Eliminata la parte più “””commerciale””” degli Evanescence e acquisito un nuovo chitarrista, il lato artistico della band prese il sopravvento dando vita al loro capolavoro: “The Open Door”, una fusione perfetta tra metal ed infusioni di musica classica.
L’intero progetto mostra a 360° le incredibili abilità vocali e da compositrice di Amy: dalla tetra Lithium alla orchestrale Lacrymosa, dalla magica Your Star alla misteriosa The Only One. Il sound del gruppo si è evoluto passando ad un livello successivo, i ritmi prettamente sincopati di Fallen lasciarono spazio a melodie meno immediate, ma curate magistralmente in ogni minimo dettaglio con l’aggiunta di influenze più marcate di musica goth.
Il secondo brano che vi mostrerò è la punta di diamante di questo disco, Like You. È una delle canzoni più intime e personali in assoluto scritte da Amy (purtroppo non è mai stata performata dal vivo a causa del suo valore personale) e parla della morte di sua sorella Bonnie, quando era soltanto una bambina.
Il pezzo si apre con dei sintetizzatori che simulano un battito cardiaco trasportandoci in “un’altra dimensione”. Da qui ha veramente inizio la base: una raffinatissima combinazione di pianoforte, violini, percussioni e sporadiche comparse di chitarra accompagnati da un toccante filo di voce a tratti quasi spezzata dal dolore.
Nelle strofe regna un’atmosfera ultraterrena che sembra prendere vita soltanto nel ritornello il quale però, come se la cantante volesse trattenere le proprie emozioni, si interrompe prima del suo termine. Tutto cambia nel bridge quando una malinconia esasperata e tutta la sofferenza repressa improvvisamente esplodono, dando vita ad un finale da brividi.
È qui, a mio avviso, che gli Evanescence forse toccano l’apice della loro discografia
“You’re not alone,
no matter what they told you. You’re not alone, I’ll be right beside you forevermore. I long to be like you, sis. Lie cold in the ground like you did. There’s room inside for two and I’m not grieving for you. And as we lay in silent bliss, I know you remember me”.
Dopo due canzoni intrise di malinconia ed emotivamente devastanti calmiamo le nostre menti con una delle poche canzoni “felici” del gruppo, la romantica Good Enough!
Paradisiaca ballata composta interamente in acustico e dedicata al marito di Amy, è la canzone per eccellenza che rappresenta dopo tante sofferenze il “lieto fine” e perciò è stata posizionata alla fine di The Open Door, per segnare simbolicamente un nuovo inizio.
Una nota di lievissima incertezza rimane, ma arricchisce ancora di più la melodia rendendola eterea
And I’ve completely lost myself and I don’t mind, I can’t say no to you. Shouldn’t let you conquer me completely. Now I can’t let go of this dream. Can’t believe that I feel… Good enough, I feel good enough. It’s been such a long time coming, but I feel good”.
Non vi posterò la versione studio, bensì un live perché voglio mostrarvi di che cosa sia capace questa donna e per quale motivo io me ne sia innamorato così tanto. La sua voce delicata, la sua semplicità estrema ed al contempo raffinata, il piano, spogli di qualsiasi superficialità ed accompagnati soltanto da un violoncello.
Che cosa stavamo dicendo riguardo la precedente traccia? Parlavamo di ritmi sinfonici e di atmosfere fiabesche? Bene, scordate tutto quello che avete ascoltato perché ora vi presenterò l’esatto opposto, “Sweet Sacrifice“.
Dannata, aggressiva, rancorosa e caotica, questa piccola perla total-metal cade come una manna dal cielo in questo articolo per non farci scordare che oltre a testi e melodie sentimentali gli Evanescence rimangono anche e soprattutto una band alternative.
Tutto in questa canzone sa di “infernale”, dall’inquietante intro sussurrato “It’s true, we’re all a little insane” all’acuto ai limiti dell’impossibile che anticipa i primi due ritornelli. Si tratta sicuramente di uno dei pezzi più difficili ed impegnativi da interpretare del gruppo per i suoi alti vocalizzi abbinati ad una base taglientissima e quasi impestata, dove la voce di Amy viene sfruttata al 100%.
Se ad esempio “Bring Me To Life” è il brano perfetto per essere apprezzato dalle masse e venire spedito in radio,” Sweet Sacrifice”, come il resto del disco, è libera da qualsiasi vincolo di commercialità e sprigiona tutta l’energia e la volontà artistica della band senza sottostare alle “imposizioni” che il grande pubblico detta ogni giorno al mercato.
Tra il 2006 e il 2007 anche altri tre membri si ritirarono e vennero successivamente sostituiti, dando in questo modo vita all’ultima formazione degli Evanescence nonché, secondo me, alla migliore.
Dopo praticamente un decennio ogni singolo membro della band fu nuovamente partecipe alla realizzazione della musica che suonavano e ciò diede vita, dopo 5 travagliati anni dovuti a repentini cambi di rotta e a diversi problemi con la label (che col passare del tempo iniziò a sostenere sempre di meno la direzione musicale che il gruppo aveva deciso di intraprendere), al loro terzo album: Evanescence.
Se Fallen può essere considerato “il disco di Ben Moody” e The Open Door “il disco di Amy Lee”, Evanescence è semplicemente il disco degli Evanescence.
Parlando di contenuti credo che l”album sia costituito da due parti: una comprendente canzoni in “vecchio stile”, arricchite però anche con l’aggiunta di nuovi elementi mai sperimentati prima, come influenze hard-rock, sfumature di musica elettronica o addirittura la presenza dell’arpa (nella superlativa Secret Door); e un’altra parte, quella un po’ più debole, comprendente invece canzoni “rock e basta” che personalmente mi hanno lasciato un po’ d’amaro in bocca, poiché penso che la band in questi pezzi abbia perso quella particolare essenza che li contraddistingueva da qualsiasi altro loro collega.
L’ultima canzone di cui vi parlerò è la mia canzone preferita di sempre: signore e signori, ecco a voi My Heart Is Broken! Non ho veramente parole per descrivere questo puro concentrato di emozioni ed energia, un masterpiece nella musica degli ultimi anni, ingiustamente passato inosservato.
In solo 4 minuti e 29 secondi l’intera discografia della band viene “riassunta” in questo pezzo riprendendo tutti gli elementi caratteristici delle loro fatiche precedenti, esaltandoli come non mai ed intrecciandoli insieme, creando una base al limite della perfezione. Il punto di forza della canzone è la voce della cantante: angelica, grintosissima ed allo stesso tempo afflitta, che però non sovrasta la parte strumentale come accade usualmente in altri generi, ma anzi viene messa sul suo stesso piano e diventa un tutt’uno con essa.
Un’altra aggiunta particolare è il contrasto darkeggiante che viene a formarsi tra le potenti chitarre elettriche e la batteria con il classico piano ed il violino. My Heart Is Broken è stata ispirata dall’insano rapporto che si crea tra un abusatore e la sua vittima, visto dalla prospettiva di quest’ultima
“I can’t go on living this way. But I can’t go back the way I came, chained to this fear. But I will never find a way to heal my soul and I will wander ‘til the end of time, half alive without you”
Dopo tanti anni di discordie con la Wind-Up Records, il gruppo l’ha finalmente abbandonata nel marzo dell’anno scorso, e i muicisti sono diventati artisti del tutto indipendenti.
Amy nel frattempo è diventata madre ed ha rilasciato una colonna sonora col violinista Dave Eggar, nella quale però si è concentrata perlopiù nella produzione (infatti solo due tracce su dieci contengono suoi vocals). La cantante non si è ritirata dagli Evanescence, ma ha detto che attualmente non ha niente in programma con loro.
Ciò mi dispiace perchè, nonostante col passare degli anni Amy sia stata l’unico punto di riferimento a cui i fan hanno potuto “aggrapparsi” (visti i continui cambi di formazione), a me non sono mai andati a genio i favoritismi. Un enorme punto interrogativo mi rimane in testa.
Mah, vedremo l’evolversi della situazione soltanto aspettando pazientemente. Una cosa è certa; nonostante le lunghe pause che ha preso nella sua carriera (e che l’hanno inevitabilmente danneggiata sotto il profilo commerciale, anche se poco m’importa), continuerò sempre a seguire questa grandissima donna da un talento tanto straordinario quanto unico, che come pochissimi altri cantanti mi ha fatto appassionare perdutamente alla sua musica grazie alla sua voce: forte e decisa quando si scatena sul palcoscenico, intima e toccante quando si siede per suonare al pianoforte.
-Grazie ad Alferet-