Un anno di fuoco per la musica R&B, questo 2012, dove a ritorni agguerriti avvenuti o ancora attesi di vecchie guardie come Mary J. Blige, Usher e Mariah Carey si alternano, oltre ai non sempre interessanti debutti di giovani e sfortunate leve, anche songwriters che, dopo essere rimasti dietro le quinte per molto tempo a lavorare ad album altrui, hanno deciso di farsi avanti, Emeli Sandé in testa. Appartiene al terzo gruppo nominato il giovane Frank Ocean, che inseguito a qualche collaborazione azzeccata come No Church in the Wild del team Jay-Z/Kanye West e la produzione di testi per gente come Justin Bieber, pubblica il 10 luglio la sua prima fatica discografica, tale channel ORANGE, non prima di aver dichiarato ai media e al mondo la propria bisessualità:
“Fare coming out era necessario per la mia salute e per sentirmi libero. Sono felice quando mi sveglio alla mattina, e non ho un macigno sul mio petto. Quando avevo tredici anni avrei tanto voluto che qualcuno di famoso al quale guardavo con ammirazione avesse detto o fatto qualcosa del genere, qualcuno di così trasparente sotto questo aspetto”, confessa a riguardo in un’intervista sul The Guardian.
Diciamo subito che con questo disco, Frank non delude affatto le aspettative, anzi le conferma senz’ombra di dubbio. Scorrendo rapidamente l’esigua lista di musicisti alla produzione dell’album, solo i nomi di Pharrell Williams e André 3000 sono noti al pubblico mainstream, mentre il resto dei produttori assoldati alla lavorazione delle tracce conta nomi comunque di tutto rispetto quali Tyler, The Creator e Om’Mas Keith, al quale si devono i crediti di varie canzoni di Erykah Badu, Jill Scott e Jay-Z tra gli altri.
Pochi ma buoni insomma, si potrebbe dire a riguardo: aiutato da queste personalità Frank ha creato un album, channel ORANGE, che predilige beat lenti, alternati ad un paio di pezzi più veloci, e che non può essere definito convenzionalmente come il classico lavoro R&B/soul, anzi!
Nel disco la black music è solo la base delle canzoni, al cui ritmo vengono mescolate accuratamente suggestioni elettroniche e dub, in un amalgama che guarda al passato ma allo stesso tempo al presente; particolare merito viene dato alle numerose skits presenti nella tracklist, quasi totalmente strumentali che, come l’ottimo assolo di chitarra in White ad opera di John Mayer, pur essendo molto corte non hanno una funzione puramente riempitiva, ma fanno parte a tutti gli effetti dell’album in tutta la sua interezza.
Tuttavia, ciò a cui viene data particolare importanza, nei brani che compongono l’album, è il testo in sé. D’altronde, bisogna ricordare che la canzone è nata dalla poesia, anzi si potrebbe proprio dire che la canzone è poesia: le emozioni e i sentimenti provati si esprimono a parole, parole con le quali si formano i versi e a loro volta le strofe; dunque, in un periodo dove nel mondo discografico viene data importanza totalmente ai beat e alle produzioni, a sfavore del testo della canzone, Frank Ocean sembra essere ritornato alla concezione sopracitata nei confronti di un pezzo musicale: il testo prima di tutto. E così, sono stati creati volutamente arrangiamenti musicalmente scarni, nei quali i suoni e l’elettronica non sovrastano la voce dell’artista, che in questo modo ha la possibilità di comunicare appieno le sue emozioni tradotte in parole.
Più che un cantante, infatti, Frank Ocean potrebbe essere considerato un paroliere, un uomo che su una base musicale si mette a nudo e si confessa apertamente, senza censurare la propria personalità ed identità: basta leggere attentamente i testi dei brani per rendersi conto come il giovane faccia esattamente questa cosa.
Nei 17 brani del disco, l’artista si affida alla propria memoria e rievoca sensazioni provenienti dai molti luoghi che ha visitato e in cui ha vissuto, riflessioni sul rapporto ricchezza-povertà, immagini religiose, sprazzi di vita quotidiana e, soprattutto, l’amore, visto sia nella sua sfera emotiva sia nella sua parte più erotica. La tematica sessuale, a parte in alcuni momenti “spinti” che potevano di sicuro essere evitati (anche se sono ormai di prassi nella black music, R. Kelly docet in questo…), è trattata con molta delicatezza, soprattutto in Thinkin Bout You dove Frank esprime dolci sentimenti amorosi nei confronti di un amante del suo stesso sesso.
In particolare, nell’album si toccano i picchi della perfezione con Pyramids, un delizioso tappeto di synths dedicato alla famosa regina Cleopatra (“Run run run, come back for my glory, bring her back to me, run run run, the crown of our pharaoh, the throne of our queen is empty…”), che in quasi 10 minuti di scorrimento non stanca affatto, e con Bad Religion, pezzo nel quale il cantante, accompagnato da un organetto di sottofondo e da un suggestivo fraseggio di archi, crea un’atmosfera ad hoc parlando di fede, complice anche un coro di voci che appare e scompare in chiaro-scuro.
Questo di Frank Ocean, tirando le somme, è un album che ha tutte le carte in regola per sfondare non solo nelle charts R&B/Hip-Hop, ma anche in altre classifiche; due sono i suoi punti di forza: uno è sicuramente la grande versatilità musicale del progetto, che non si basa affatto su un genere unico ma che è influenzato grandemente dalla musica elettronica (di qualità, sia chiaro), e che mira molto alla cura dei suoni. La scelta di produttori poco noti da parte di un artista, ha confermato un’altra volta l’idea che, spesso e volentieri, non è il produttore famoso a creare il beat o l’arrangiamento perfetto, ma quello che più ha lavorato in ambiente underground e dunque non è troppo condizionato da vincoli commerciali.
L’altro punto di forza, oltre alle produzioni e gli arrangiamenti è l’insieme di meravigliosi testi che il musicista ha composto, di una profondità insolita nel periodo attuale della musica black, dove la quantità prevale sulla qualità, se non per un ristretto gruppo di artisti, del quale Ocean fa sicuramente parte. Sì, un destino luminoso nel mondo della musica è riservato per quest’artista che, se continuerà a lavorare nel modo con cui ha dato vita a channel ORANGE, potrà diventare senza problemi uno degli esponenti più rappresentativi dell’R&B contemporaneo.
Rating: 4/5
Recensione a cura di Fra De Santis