Justin Timberlake si era presentato in abito elegante e papillon per il suo ritorno dopo sette anni, elegante proprio come The 20/20 Experience, un album che gli ha permesso di dominare in lungo e in largo nella prima parte del 2013 sia per i numeri che per lo stile proposto, un raffinato soul-inspired… non a caso l’avevamo lasciato tra gli applausi nella precedente recensione.
Come in ogni spettacolo gradito, la platea chiede il bis e Justin li accontenta anche se inizia ad aver caldo in quell’abito elegante, allora prima di spogliarsi e tornare nelle sue vesti abituali propone il singolo Take Back The Night; tutto questo è lo specchio di The 20/20 Experience 2 of 2, Justin si mette comodo e chiede a Timbaland un ritorno al Future Sex Sound!
Così apre l’album “Gimme What I Don’t Know (I Want)“, ed ecco la classica drum machine miscelata al consueto beatbox ‘timbalandiano’ che vuol dare fin da subito un tono sensualmente aggressivo all’album, non a caso sentiamo in sottofondo i versi dei predatori della giungla, luogo spaventoso dove vince il più forte; ovviamente si cela dietro un doppio senso sessuale, Justin da gentlemen a malandrino!
In questa atmosfera poppeggiante, Justin trova quasi gusto a giocare con i doppi sensi continuando in “True Blood” ispirandosi questa volta al mondo dei vampiri. Si passa dal suono in background della giungla a quello inquietante dei licantropi, riciclando però l’idea oramai datata di Thriller… praticamente un azzardo! A dominare è ancora il classico drum ‘n’ bass e se qualcuno si era lamentato dell’eccessiva durata dei pezzi della prima parte…beh, qui ce n’è per ben 10 minuti dove Timbaland dà sfogo alle sue abilità di producer e ai suoi riconoscibili suoni; tuttavia potrebbe essere perfetta come singolo ma c’è un bel po’ da ‘tagliare’.
Dopo un’apertura commercialmente d’impatto, con “Cabaret” si torna ai suoni tipici dell’R&B. Piacevole ma dal retrogusto già sentito, la mano del producer inizia ad essere troppo marcata; lo stesso Drake, che partecipa al pezzo, non convince del tutto al di fuori del suo ‘Ovo Sound‘ mentre il suono diventa sempre più intenso facendo da perfetto interlude a “TKO“, la traccia scelta come secondo singolo. Un heavy bass incalzante a mo’ di sfida ci accompagna fino alla campanella del primo round, Justin uscirà malconcio da questo incontro di boxe ( anche qui si diverte con le metafore ). Inutile a dirlo, per il secondo round ci pensa Timbaland fino al settimo minuto!
Chiude la prima metà dell’album il lead-single “Take Back The Night” che in questo contesto, come dicevamo nell’introduzione, può sembrare più uno scarto dalla prima parte di 20/20, ispirandosi alla dancefloor e soprattutto al sound di Off The Wall ma regalandoci ancora una strumentale pazzesca per trovare poi “Murder” dove ascoltiamo finalmente qualcosa di diverso dal tipico Timbo o quasi…up-tempo vivace dal motivetto gangsta, d’altronde si tratta del terzo featuring dell’anno con Jay-Z.
Da questo momento in poi ascolteremo un Justin Timberlake inedito, la chitarra acustica apre “Drink You Away” sfiorando quasi il genere country ma trasmettendoci perfettamente il tema della canzone, riportandoci tramite questo stile direttamente all’interno di quei saloon americani dove ritroviamo Justin seduto al bancone scolandosi Jack e Jim nel tentativo di dimenticare un amore perduto, ma al risveglio accuserà solo un forte mal di testa, mentre la triste verità è ancora lì.
Fino ad ora zero ballad ma Justin si rifarà alla grande con le prossime due tracce; la prima è “You Got It“, classica slow jam che termina in maniera magistrale con il suono dell’orchestra per collegarsi direttamente alla seconda, sicuramente più moderna, “Amnesia“; Timbaland prova un nuovo beatbox da associare al suono dei violini in background per sfumare e trasformarsi nel finale in una dolce melodia dove riascoltiamo anche il falsetto di Justin per un’atmosfera delicata da gustarsi fino alla fine, anche perchè subito dopo troviamo la traccia più ‘aggressiva‘ dell’album.
“Only When I Walk Away“, Ritornello energico dove Justin grida (effetto megafono) in coro con Brenda Radney e James Fauntleroy, ritornello che ricorda vagamente qualcosa di Eminem ma alla fine si scopre (ancora più clamoroso) che si tratta di una rielaborazione di una strumentale del 1972 di un’artista italiano…Amedeo Minghi “Lustful“. Abile qui Timbaland che sul finale riesce ad inserire addirittura elementi reggae !
Chiude in maniera malinconica “Not a Bad Thing“, ballatona pop stilisticamente vicina ai suoi trascorsi con la boy band ‘N Sync; concede a sorpresa il bis con l’hidden track intitolata “Pair of Wings”, salutandoci definitivamente in maniera romantica quanto soporifera!
La struttura dell’album resta pressoché uguale rispetto alla prima parte (le due bonus track Blindness e Electric Lady completano l’opera), mentre non possiamo affermare lo stesso per quanto riguarda lo stile, risultando per questo quasi incoerente ma non scadente!
Sicuramente non si tratta del continuo logico del primo The 20/20 Experience, ma forte del successo di quest’ultimo, il buon Justin ha potuto proporre ciò che desiderava in 2 of 2 e si è fatto apprezzare quando ha osato in tracce come “Murder”, “Drink You Away” e nelle ballad tra cui “Amnesia”, un po’ meno in tracce dove si sente troppo la mano di Timbaland….ma siamo sicuri che continuerà ad essere il protagonista dell’anno, soprattutto ora che la sua esperienza 20/20 è completa!!