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Alla scoperta di 5 canzoni geniali pressoché sconosciute di Kanye West, il rapper più discusso di sempre.
Kanye West inizia la sua carriera come produttore nel 2001, creando Signori Brani per “The Blueprint” di Jay Z (“Takeover“, “Izzo (H.O.V.A.)”, “Heart of the City (Ain’t No Love)”, “Never Change” e “Girls, Girls, Girls (Part 2)”). Presto diventa songwriter, rapper, direttore di video, imprenditore (sapevate che per due anni ha gestito una società che ha aperto 2 ristoranti Fatburger in franchising in Chicago?), regista, designer, guastafeste (indimenticabile la scena ai Grammy del 2009), filantropo, oratore (esiste una parola per “Maestro di rant”?)… Ha persino un dialogo privilegiato con Dio ed ha persino “resuscitato Gesù, quindi non ho andrò mai all’inferno” (citazione da “Otis”, in “Watch The Throne”).
Scherzi a parte, Kanye si è rivelato un Artista completo, con molteplici interessi e pochi fallimenti. E, come spesso ripeto, bisogna tenere separati la carriera artistica di un cantante dai suoi gesti (in questo caso, il riferimento va alla scena dei Grammy del 2009).
Questa lista, che sarà spezzata in vari appuntamenti, si concentrerà solo sul Kanye artista, lasciando da parte il suo carattere e le sue scelte personali.
Il “racconto” di Yeezy parte, purtroppo, da un incidente. Nel 2002, di ritorno dalo studio di registrazione, Kanye ha un colpo di sonno mentre è al volante e si salva per miracolo. La “musica è la sua medicina“, dice, ed ha sempre sognato di rappare. Damon Dash, con riluttanza, gli offre un contratto e, col senno di poi, credo che non se ne sia affatto pentito.
“The College Dropout“, l’album di debutto, contiene canzoni con testi ben strututrati e dalle basi pazzesche, auto prodotte, contenenti le più impensabili samples, tra cui Aretha Franklin, Marvin Gaye, Lauryn Hill, Luther Vandross, Tupac e Curtis Mayfield.
We Don’t Care
Per “riscoprire” questo album, che non si ferma ai singoli “Through The Wire”, “Slow Jamz”, “All Falls Down”, “Jesus Walks” e “The New Workout Plan”, partiamo da “We don’t care“. Lungi da me il voler essere pesante e non farvi divertire in questo viaggio, lasciatevi guidare da questi tre bei flow “made in Chicago”.
L’esperimento sembra a prima vista una copia di quanto già fecero Jay Z con “Hard Knock Life” e “I Can” di Nas, ossia raccontare la redenzione dei bambini del “ghetto” fuori da una vita da spacciatore. Ma ‘Ye va oltre e, vero, usa i bambini nel ritornello, ma per raccontare, celebrare e, conseguentemente, prendere in giro la vita “da sogno” degli spacciatori, che fanno soldi. Fa sorridere, infatti, il ritornello in cui si sente: “non era presvisto che avremmo superato i 25, ma scherzetto!, siamo ancora vivi!“. In realtà, Kanye aveva 25 anni quando fece l’incidente.
Dietro questo brano, al terzo verso, c’è anche un attacco al sistema scolastico statunitense, che non si prende cura dei ragazzi nel doposcuola: “alcuni sono dislessici e la loro canzone preferita di 50 Cent è ’12 Question”“, con un simpaticissimo riferimento a “21 Question” di 50 Cent con Nate Dogg.
Anche se mi sono dilungato un po’ troppo, vorrei chiudere su questa canzone facendo notare che John Legend fa una prima apparizione in questo album.
Adesso un break da ciò che potrebbe farci fumare il cervello e sentiamo qualcosa che fa semplicemente “fumare”. “Get Em High“ è una canzone “buffa” perchè Talib Kweli e Common sono due conscious rapper, ma in questo brano “vanno in alto” e non parlano di nulla in particolare.
Spaceship
Una delle novità di “The College Dropout” è stata, oltre Kanye, quella di voler rompere lo strapotere del gangter rap in quegli anni. Il fatto che ‘Ye volesse rompere con quello stile era la ragione principale per cui Dame Dash era riluttante ad offrirgli un contratto. Ma qualcosa che, in un certo senso, si avvicina ce l’abbiamo. “Spaceship” ha i modi di fare “gangster” di GLC e Consequence, ama anche di Kanye. In questa canzone troviamo un conscious Kanye che si scaglia contro il razzismo sul posto di lavoro e la disparità nei salari tra bianchi e neri. Nulla che si sia risolto dal 2004 ad oggi, ma almeno potete star certi che il Kanye polemico non è arrivato con la fama.
Anche qui, fa una prima comparsa con i propri vocals Tony Williams, cugino di ‘Ye. Inoltre, anche se non è mai stato pubblicato come singolo, il brano ha un video:
Gasato dal successo, Kanye si mette subito al lavoro sul secondo album e ci punta molto. Basta leggere i featured artist di “Late Registration“: Adam Levine, gli emergenti Lupe Fiasco e The Game, Jamie Foxx, Paul Wall, Common, Brandy, Jay Z, Nas, Cam’ron e Consequence.
L’album rappresenta una nuova evoluzione dal punto di vista stilistico: ‘Ye era rimasto affascinato dal live album “Roseland NYC Live” dei Portishead e voleva creare qualcosa di simile. Il suo budget non glielo permetteva, ma chiese al produttore e compositore Jon Brion (premio Oscar per “Magnolia” e “Se mi lasci ti cancello”) di avere una mano. Questi diede il tocco “orchestrale” che Kanye voleva, mentre Yeezy continuava con le sue sample (Natalie Cole, Curtis Mayfield, Ray Charles per “Gold Digger”, Etta James, Otis Redding e Shirley Bassey nella indimenticabile “Diamonds from Sierra Leone”).
Inutile dire che l’album fa centro ancora una volta e alla Storia dell’Hip-Hop viene consegnato un altro classico.
Addiction
Tra i vari brani che colpiscono (potremmo citarli tutti, ma lascio a voi la riscoperta completa di questo album) va inizialmente citata “Addiction“. E’ forse la classica traccia che dice quanto la fama ti cambia. Soldi, donne, droga ti allontanano dai tuoi obiettivi e rischi di perdere la tua ragazza. Il colpo di scena è che il terzo verso, o l’outro in questo caso, non contengono la promessa di uscirne, ma la proposta di Kanye per un ménage a trois. Da sfondo a questo bel brano, la voce di Etta James che canta “My Funny Valentine”… Già, in questo caso diremmo che è proprio spiritoso!
Gone
Avrei voluto raccontarvi maggiormente il Kanye solista, ma questa base prodotta da “The Only One” (nessuna celebrazione, il nome Kanye si traduce così in Swahili) meritava assolutamente di essere citata. Per “Gone“ si richiama Consequence e si aggiunge Cam’ron, che in quel periodo era ancora nella Roc-A-Fella e con cui Kanye aveva collaborato per l’album “Purple Haze” e il debutto dei Dipset, “Diplomatic Immunity”.
I tre rapper si lanciano verso qualcosa che sembra una gara con tre vincitori: il verso di Killa Cam ha quasi eclissato il primo di Kanye, Cons si lancia su variazioni della parola “gone” mentre, dopo una lunga pausa strumentale, Kanye ruba la scena con un beat leggermente variato di quello dei tre versi precedenti.
Con “Gone” si chiude l’album (anche se ci sono due hidden track) e chiudo anche questa prima parte. Ma vi farà prima piacere sapere che successivamente Kanye ha coronato il suo piccolo sogno di avere un’orchestra come fecero i Portishead e, nel 2006, nei leggendari studi di Abbey Road potè organizzare un concerto esclusivo con un’orchestra di archi composta da 17 donne.