É sempre difficile riuscire a recensire un nuovo album di Lana Del Rey senza mai ripetersi: stiamo parlando di una delle cantautrici migliori della nostra generazione, capace di portare avanti un genere di nicchia offrendolo al popolo mainstream, senza cedere alle leggi di mercato. Dopo il lodatissimo Honeymoon, preceduto a sua volta dal sensazionale Ultraviolence e l’iconico Born To Die, Lust For Life ha il compito di tracciare una nuova linea melodica nella discografia della cantante, pur mantenendo la qualità che contraddistingue i suoi lavori.
Il quarto lavoro di Miss Del Rey, uscito in tutti i mercati mondiali il 21 Luglio, può esser definito complessivamente uroborico: un serpente che si morde la coda, creando una circonferenza perfetta, ritornando alle origini del suo sound senza però tralasciare l’innovazione lirica. Ma una cosa è sicuramente cambiata: la Lana che posava nostalgica in Honeymoon scende dal bus turistico per riaccendere il suo vecchio truck Chevrolet (ormai sbiadito rispetto ai tempi della sua debut era) e lo fa sorridendo. Questo sorriso a 32 denti, un po’ plastico un po’ beffardo, si ritrova anche nelle scelte stilistiche del progetto, in cui non c’è un distaccamento netto dalle atmosfere oscure passate, ma una volontà di voltare pagina.
Lust For Life significa letteralmente “vivere la propria vita sperimentando tutti i piaceri” e Lana in queste 16 tracce, prodotte dalla stessa Del Rey e da Rick Nowels in primis, racconta storie in cui il sesso, le droghe, le danze e l’attivismo politico si mescolano a creare un quadretto estivo vintage e scolorito, in cui panorami bucolici si alternano a squarci di una Hollywood fuori dal tempo.
Iniziamo la nostra recensione track-by-track:
1. LOVE: Ad aprire l’intero progetto è il lead single della nuova Era: pubblicato il 18 Febbraio (dopo un leak evitabile) e prodotta da Rick Nowels, Emilie Haynie e Benni Blanco, LOVE si presenta come una down-tempo ballad dal ritmo sincopato affiancato da una orchestra che esplode nel ritornello dream pop vintage. Dal punto di vista lirico, il brano è un inno all’edonismo e all’amore giovanile che trascende il tempo e lo spazio (il brano è infatti correlato da uno splendido video diretto da Rich Lee, dove Lana canta sulla luna mentre giovani innamorati fluttuano tra i pianeti). Descritto come “il suono di due mg di Xanax ridotti in polvere e abbandonati a una brezza del Pacifico all’interno della mente di chi ascolta”, LOVE è un perfetto lead-single con forti rimandi ad opere passate della Del Rey (Young&Beautiful e Old Money in primis) e avrebbe potuto fare molto in classifica, ma come ben sappiamo la nostra Lana non è più avvezza alla promozione tv dopo l’enorme figuraccia fatta al SNL ad inizio carriera. Nonostante ciò, promossa a pieni voti.
2. Lust For Life (feat. The Weeknd): Continuiamo con la title track in collaborazione con lo Starboy The Weeknd. Introdotta da un rombo di motocicletta (che ci segnala l’arrivo di Lana ad Hollywood), LFL si presenta come una sognante mid-tempo impreziosita da cori dal sentore anni ’60 e da un ritmo martellante e sensuale, in cui la splendida voce di Lana si armonizza perfettamente con quella di Abel, riuscendo a creare un quadro vivido di una città decadente vista dall’alto. Lust For Life è sicuramente tematicamente agli antipodi rispetto ad un’altra celebre title-track di Lana, Born To Die: se la prima era fatalista e gotica, la seconda mostra la vita come ricca di amore e spensieratezza giovanile. Nonostante i temi positivi però, parti del testo alludono alla storia di una giovane attrice, Peg Entwistle, che nel 1932 si tolse la vita lanciandosi dalla H della “Hollywood Sign” (Then, we dance on the H of the Hollywood sign/’Til we run out of breath, gotta dance ’til we die). Dopo le varie collaborazioni tra i due negli ultimi due album di The Weeknd (degna di nota la meravigliosa Stargirl Interlude), LFT é una traccia che segna una nuova ed interessante direzione musicale per la newyorkese. Promossa.
3. 13 Beaches: Un’ariosa composizione orchestrale e uno snippet della voce dell’attrice Candice Hilligos nel film horror “Carnival Of Souls” (I don’t belong in the world, that’s what it is. Something separates me from other people and what will I do? There’s something blocking my escape) hanno il compito di aprire 13 Beaches, un’intima e struggente ballata che si arricchisce di percussioni martellanti solo nel ritornello. Originariamente chiamata Something Real, il brano si rifà ad un esperienza vissuta dalla cantante nell’estate 2016: Lana ha dovuto cambiare tredici spiagge per sfuggire ai paparazzi e trovarne una libera per poter leggere un libro in solitaria. Tra le tracce più emozionanti di Lust For Life, 13 Beaches ha uno squisito gusto cinematografico e mostra riferimenti lirici a brani come Old Money e High By The Beach. Ancora una volta Lizzy mette a nudo la sua anima e la trasforma in arte pop. Promossa a pieni voti.
4. Cherry: Si continua con la sensuale Cherry, in cui la Lolita di Coney Island ritorna in tutto il suo glamour retrò; La mid-tempo, retta da un arpeggio di chitarra e da percussioni sincopate che strizzano l’occhio a “Blue Jeans“, è il brano perfetto per far splendere l’espressività vocale di Lana: riprendendo ancora una volta i panni di Femme Fatale in pieno stile Ultraviolence, la Stargirl canta un testo ammiccante e allusivo in modo squisitamente lezioso, dove assonanze tra parole (pieces/ peaches/ beaches/ bitch) e cori liricamente espliciti riscaldano l’atmosfera come solo Lana sa fare. Bellissimo inoltre il bridge finale (Why? Cause I love you so much, I fall to pieces) e la citazione nel ritornello al brano Summer Wine di Nancy Sinatra, interpretato in passato dalla stessa Del Rey (My cherries and wine, rosemary and thyme/ And all of my peaches are ruined). Sicuramente uno dei più alti picchi qualitativi di questo album, Cherry è il genere di brano che tutti i fan di Lana stavano aspettando dopo le oniriche atmosferiche di Honeymoon. Promosso a pieni voti.
5. White Mustang: La quinta traccia è una splendida slow-tempo dal sentore retrò, in cui tutti i riflettori sono rivolti sulla calda voce di Lana, accompagnata dal piano e da un beat delicato e coinvolgente (ad arricchire il tutto troviamo asintotici cori nell’ultimo ritornello, simple di sgommate di sottofondo e un fischiato nel outro). Dal testo malinconico e dolente, White Mustang suona ancora una volta come alcuni brani passati (le strofe hanno leggere assonanze con quelle di Fucked My Way Up To The Top, il ritornello ammicca a quello di Sad Girl mentre le atmosfere sono tipiche della Paradise Edition), senza però cadere nel plagio di se stessa. Unico punto a sfavore è il minutaggio troppo contenuto in un brano che avrebbe potuto essere più strutturato. Promosso a pieni voti nella sua basica bellezza.
6. Summer Bummer (feat. A$ap Rocky & Playboi Carti): Si cambia totalmente registro con Summer Bummer, brano hip-hop sensuale dal beat irresistibile; inizialmente mostratasi come una slow-tempo, il brano esplode dopo il bridge sinuoso e sussurrato che lascia spazio ad un ritornello trascinante (Hip-hop in the summer/ Don’t be a bummer baby/ Be my undercover lover baby). La seconda strofa è divisa tra i due rapper che creano un’atmosfera cupa e sensuale, dipingendo una nottata estiva sulla West Coast fatta di eccessi, senza farsi mancare brevi citazioni a brani come Florida Kilos (White lines and black beaches) che tracciano ancora una volta un fil rouge tra la discografia di Miss Del Rey. Brano particolarissimo, Summer Bummer é sicuramente un ritorno all’hip-hop di Born To Die e una prova più che riuscita della versatilità stilistica della cantante, che riesce a dimostrare ancora una volta di non essere solo la “regina del sadcore”. Degni di nota inoltre sono i bridge iniziali e finali e i cori onirici che ricordano canti di sirene. Promossa.
7. Groupie Love (feat. A$ap Rocky): Pubblicato il 12 luglio assieme a Summer Bummer, la seconda collaborazione con Flacko si presenta totalmente diversa dalla precedente: se SB ammiccava all’hip-hop del fortunatissimo debut album della newyorkese, Groupie Love è un brano dal sound anni ’60, ancora una volta collocabile nel filone del dream pop. Molto essenziale nel beat e nella linea melodica, Groupie Love riesce ad ammaliare grazie al suo ritornello delicato ed onirico. Sicuramente una delle tracce meno “rischiose”, Lana decide di rimanere nella sua comfort-zone, mostrando il suo lato fanciullesco da groupie, ossessionata da una celebrità osannata dai fan che però ha occhi solo per lei (And every time you look up/ I know what you’re thinking of). Lana rimane discretamente in disparte, diventando una spalla per il suo amore, consapevole di doverlo dividere con la folla urlante (It’s so hard sometimes with the star/ When you have to share him with everybody). Dopo le due strofe si incastona perfettamente il rappato di A$ap Rocky (affiancato dai sussurri della cantante) che interpreta la star amata da Lana: nella sua vita piena di eccessi e di persone, Flacko pensa sempre alla sua groupie (My babe, my babe stay on my brain) e le professa amore eterno. Ancora una volta Lana sa come narrare una storia d’amore tingendola di toni seppia e rendendola memorabile: Groupie Love è uno splendido omaggio alle grandi groupie della storia della musica rock come Pamela Des Barres, Bebe Buell e Lori Maddox, figure ghettizzate e in seguito elevate a vere e proprie muse. Promossa a pieni voti.
8. In My Feelings: Si continua con uno dei brani più immediati dell’intero progetto, In My Feelings è un’ipnotica mid-tempo perfettamente nelle corde della cantante, dal beat cadenzato e dalle liriche sfacciate ed esplicite. Durante il listening party di LFL, Lana ha implicitamente dichiarato che In My Feelings fosse dedicata ad una sua relazione con il rapper G-Eazy finita in maniera disastrosa: i toni infatti sono velenosi, tipici di un’amante ferita che tenta di voltare pagina, scacciando gli spettri della sua relazione precedente (And there’s no coming back/ From the place that you came/ Baby, don’t do it). Tra le più radio-friendly dell’intero lotto, In My Feelings segna la fine della prima parte di Lust For Life, quella più introspettiva e personale, per poi trasportarci in un viaggio in cui i temi mutano e diventano globali. Promossa a pieni voti.
9. Cachella – Woodstock In My Mind: Inizialmente pubblicato come un brano per i fan non facente parte dell’album, Coachella è una traccia tematicamente rivoluzionaria nella discografia di Miss Del Rey, in quanto abbandona per la prima volta racconti di amori morbosi e maledetti, per aprire gli orizzonti sulle tematiche attuali. Posto nel filone del soft trap/dream pop, il brano è nato da una riflessione della cantante durante il festival californiano: la stessa Lana ha dichiarato che durante il divertimento e le danze, non riusciva a non pensare alle tensioni in Nord Corea; una volta tornata a casa, Lana ha subito raggiunto un boschetto di sequoie vicino ad un’autostrada (uno dei suoi posti preferiti per scrivere) e ha composto il brano come un messaggio di pace per il mondo sull’orlo di una grande guerra. Ancora echi e citazioni vintage arricchiscono il testo (emblematica è l’omaggio all’epico brano Starway To Heaven dei Led Zeppelin) e si pongono a fianco ad una bellissima preghiera in cui la cantante dichiara che rinuncerebbe alla fama e alla fortuna per chiedere a Dio il perché di tutte queste guerre e distruzioni. Dal sound onirico caratterizzato da tamburi rullanti, Coachella – Woodstock In My Mind è il brano che più può essere considerato l’Imagine di Lust For Life, a causa del suo impegno sociale e il suo bellissimo messaggio di pace e di speranza. Forse meno immediato rispetto ai brani precedenti, riesce comunque ad essere uno dei brani più significativi dell’album. Promossa a pieni voti.
10. God Bless America – And All The Beautiful Women In It: Si continua con God Bless America, una versione nostalgica e sarcastica dell’inno nazionale, di un femminismo proto-militante in cui i temi sulla sicurezza nazionale (Even walking alone, I’m not worried) sono raccontate con leggerezza, fino a quando due spari intervallano il ritornello (come prima di lei aveva già fatto M.I.A nel suo celebre brano Paper Planes) ricordando avvenimenti storici come l’assassinio di John F. Kennedy e criticando esplicitamente la politica repubblicana pro-armi. Dal sapore dolce e nostalgico, caratterizzato da un sound folk-pop e da una climax vocale nel bridge, God Bless America aggiunge un nuovo splendido tassello musicale nella discografia di Miss Del Rey, già ricca di molteplici sfumature. Promossa a pieni voti.
11. When The World Was At War We Kept Dancing: E’ la fine dell’America? Si chiede Lana in questo brano dal beat irresistibile. No, non è la fine: è solo l’inizio. Con WTWAWWKD, Lana ci catapulta in un’America in guerra agli inizi dell’900, tra cavalli, perle e corsetti . Nonostante il tema scottante, Lana dona un messaggio di speranza in un periodo in cui i rapporti tra le Nazioni sono delicatissimi: la guerra c’è sempre stata, ma i giovani hanno continuato a ballare, a festeggiare e a sperare in un mondo migliore (e continueranno a farlo!). Ancora una volta siamo davanti ad un brano folk/elettro-acustico, introdotto da un giro di accordi che ricorda Losing My Religion dei R.E.M e arricchito da un pre-chorus travolgente (Shake it up, throw your hands up and get loose/ Cut a rug, lean into the fucking youth), di splendida fattura lirica e sonora in cui la doti vocali di Lana risplendono di luce propria. Promossa a pieni voti.
12. Beautiful People Beautiful Problems (feat. Stevie Nicks): Finalmente siamo arrivati all’attesissimo featuring con la Regina del Rock ‘nd Roll: la leggendaria Stevie Nicks. BPBP è un brano sulla pace in cui l’amore individuale e globale si uniscono, il tutto sorretto dal piano e dalla chitarra. Strutturalmente molto semplice, il brano suona epico e dolce allo stesso tempo: questa volta Lana non delinea uno quadro dell’America patinata, bella e splendente a bordo piscina, ma mostra la working class lavorare duramente (Blue is the collar of the shirt of the man I love/ He’s hard at work, hard to the touch) mentre ringrazia per i piccoli problemi della vita, consapevole dell’esistenza di questioni più grandi che affliggono il pianeta. Finalmente l’impegno politico di Lana viene alla luce, se pur in maniera poetica e velata, ponendo la sua arte al servizio di qualcosa di più grande di lei. Menzione d’onore va fatta alla toccante partecipazione di Stevie Nicks che, come solo le grandi stelle sanno fare, porta la traccia ad un altro livello qualitativo. Promosso a pieni voti.
13. Tomorrow Never Come (feat. Sean Ono Lennon): Si continua con un’altra splendida collaborazione, questa volta con Sean Ono Lennon, figlio di due grandi icone della musica mondiale: Tomorrow Never Come è un brano folk pop dal sapore beatlesiano (il titolo scelto è un chiaro riferimento alla celebre Tomorrow Never Know del gruppo britannico) in cui le strofe scivolano dolci e delicate fino ad arrivare al ritornello in pieno stile dream pop in cui le due voci si uniscono perfettamente (I waited for you/ In the spot you said to wait/ In the city, on a park bench/ In the middle of the pouring rain), creando una traccia che sembra esser uscita da un vecchio vinile trovato in soffitta. Il brano è un omaggio all’amore e all’arte di Yoko Ono e John Lennon (simboli mondiali della pace) e un altro esempio delle nuova linea stilistica della newyorkese. Promossa a pieni voti.
14. Heroin: Con Heroin torniamo nelle oscure atmosfere di Ultraviolence e nelle terre hollywoodiane in cui l’aria calda d’estate ricorda ancora gli orrendi assassinii compiuti dalla “Manson Family” a fine anni ’60 e riesce ad attrarre giovani devoti in città (Topanga is hot today/ Manson’s in the air/ And all my friends have come/ ‘Cause they still feel him here). Ritorna anche la Lana amante dei motociclisti e del metal (citando brani come Guns and Roses), che descrive se stessa come una donna “colpita delicatamente dalla vita”, il quale l’unico modo per evadere e “ritornare ancora sulla luna” è l’eroina, quella droga che ha portato via le icone più importanti nella vita della cantante. Nonostante Heroin possa sembrare un brano avulso nel filone “politico” dell’album, in realtà nelle strofe “it’s hot, even for February“, Lana si riferisce ai cambiamenti climatici che si susseguono a causa dell’inquinamento globale. Bel ritorno al sound del suo album più riuscito, il brano però non riesce ad essere magnetico come gli altri, nonostante sia qualitativamente valido. Promosso.
15. Change: La penultima traccia del progetto è da designare come la più significativa di Lust For Life: Change è una semplice ballata piano-voce in cui l’intimità e la pietosa grazia vocale di Lana Del Rey diventano strazianti: Change preannuncia, con una citazione del cortometraggio animato When The Wind Blows di Jimmy Murakami, una guerra nucleare tra America e Corea Del Nord (There’s something in the wind/ I can feel it blowing in/ It’s coming in softly/ On the wings of a bomb), mentre la gente non si interessa della questione credendo che sia compito di qualcun altro. Lana inneggia al cambiamento, come un potere scaturito da chiunque che può portare alla fine delle tensioni e all’inizio di un periodo di pace e di rispetto tra Nazioni. Un messaggio di fiducia nel genere umano pervade l’intero brano, accompagnato da un sound dolce e malinconico in cui Lana è perfettamente a suo agio. Come già detto prima, Change entra di diritto tra le ballad più belle mai scritte da Lana nella sua breve ma proficua carriera (assieme a brani come Old Money, Terrence Loves You e Bel Air). Promossa a pieni voti.
16. Get Free: A chiudere meravigliosamente Lust For Life ci pensa Get Free, una mid-tempo rock-blues che si fonda sul sample di Creep dei Radiohead (stesso giro d’accordi nelle strofe e nel pre-chorus), per poi mutare l’atmosfera con cori rétro e percussioni cadenzate che ci trasportano negli splendidi anni ’60. Il brano è una dichiarazione d’intenti, un manifesto poetico della newyorkese ( This is my commitment, my modern manifesto / I’m doing it for all of us who never got the chance) in cui mostra la sua decisione di voler cambiare il suo modo di pensare, rendendolo meno oscuro e più positivo. Splendido inoltre il parallelismo con il suo brano Ride nel ritornello (Sometimes it feels like I’ve got a war in my mind/ I want to get off but I keep riding the ride) e soprattutto l’outro caratterizzato dal rumore delle onde e dei gabbiani, a voler significare una fuga dalla città e un nuovo inizio lontano dai problemi della vita mondana. Promosso a pieni voti.
Come avete potuto ben vedere, tutte le tracce sono state promosse in quanto molto particolari individualmente. L’unico grande problema di Lust For Life è l’essere un lavoro monumentalmente lungo, troppo ambizioso e sicuramente poco organico: il fatto di aver diviso l’album in 2 filoni tematici (uno introspettivo, l’altro globale) ha portato alla formazione di una prima parte più radio-friendly e dai toni più distesi (esempi lampanti sono Cherry, Summer Bummer e In My Feelings) e di una seconda parte molto più folk e pacata. Inoltre l’aver reso il tutto un enorme mosaico di stili, pieno di citazioni alla musica rock degli anni passati, ha annebbiato la vera essenza del progetto, legato insieme solamente dalle moltissime auto-citazioni presenti nei testi (da Video Games fino a Ride, passando per Carmen e Radio).
Nonostante tutto, Lust For Life è un altro ottimo album che però non riesce ad uguagliare l’innovazione di Born To Die e Paradise Edition, la produzione certosina di Honeymoon e soprattutto la grandissima qualità di Ultraviolence, capolavoro indiscusso di Lana fino ad ora.
Va comunque lodato il volersi prendere molti rischi in tracce come Summer Boomer o Tomorrow Never Come e la voglia di mostrare al grande pubblico una nuova sfaccettatura della sua arte e del suo sound che suona sempre come prima, ma mai uguale a se stesso.