Talento e successo, purtroppo, troppe volte non percorrono la stessa strada; un esempio di questa triste tendenza è la parabola discendente che ha visto protagonista una delle voci femminili più belle dell’ultimo decennio: Leona Lewis.
Chi come noi ama la musica in quanto arte però, mette volentieri il successo e le classifiche in secondo piano e si tiene stretto il talento, tanto più in un periodo dove questo scarseggia. Abbiamo fatto il nome di Leona Lewis non a caso, ma perché eravamo presenti il 10 marzo al Royal Concert Hall di Nottingham, penultima tappa del tour britannico dell’artista. L”I Am Tour’ è arrivato a circa sei mesi dalla pubblicazione dell’omonimo album, a tre anni di distanza dal ‘Glassheart Tour’ e a sei anni dall’indimenticabile ‘Labyrinth Tour’, quando la Lewis era nel pieno del successo, tanto da riuscire a collezionare tre date sold out alla O2 Arena di Londra.
Dimentichiamoci arene da 10/20.000 spettatori, la fama di Leona ha visto un ridimensionamento notevole negli ultimi anni e così dalle arene si è passati ai teatri, sicuramente con capacità non all’altezza del suo talento ma in linea con l’eleganza e la grazia della sua musica.
L”I Am Tour’ è passato per le principali città del Regno Unito, da Londra (Palladium) a Glasgow (Clyde Auditorium) e si è concluso l’altro ieri a Plymouth, con un soldout da 4000 posti, non certo uno stadio riempito da Beyoncé ma comunque un risultato buono che dimostra che gli inglesi sono ancora legati alla voce di questa ragazza, che nell’ormai lontano 2006 trionfò alla terza edizione di X-Factor UK.
Personalmente la seguo da allora, da quando con ‘Bleeding Love’ conquistò le classifiche di tutto il mondo (ma davvero tutto, persino il Giappone) a quando in compagnia di Jimmy Page chiuse le Olimpiadi di Pechino davanti a miliardi di spettatori; dal soldout alla 02 Arena a quello al ben più modesto Royal Concert Hall di Nottingham, concerto che attendevo da tempo e che ha assolutamente soddisfatto le mie aspettative.
La serata è iniziata poco dopo le 7 con l’opening act Philippa Hanna, cantante che sinceramente non conoscevo ma dalla voce piacevole che ha aiutato a rendere l’attesa meno snervante. Finalmente verso le 9 è uscita Leona, di nero vestita, cominciando ad intonare la title track dell’album, ‘I Am’, canzone che parla della fine del suo rapporto con la Syco e Simon Cowell. Leona si presenta sul palco con le sue due fidate coriste e con una mini band di quattro musicisti; anche la scenografia è minimal…ma ci vuole poco per capire che in un concerto come questo la vera protagonista è la voce, senza bisogno di tanti fronzoli o effetti speciali.
Si passa a ‘Better In Time’, quella che è stata la seconda hit di Leona dell’album ‘Spirit’. Performance incredibile, ai livelli di una studio version. Lascia un attimo le midtempo e passa a due tra le ballad più belle del suo repertorio, ‘Footprints In The Sand’ e ‘A Moment Like This’ (cover della Clarkson): in poche parole l’unica cosa da fare era rimanere in silenzio, ascoltare e contemplare. Durante gli acuti di ‘Footprints In The Sand’ (che Leona ha cantato senza base accompagnata solo da una chitarra), in sala non si sentiva una mosca volare, eravamo tutti incantati dalla limpidezza del suo strumento vocale: primi brividi della serata.
E’ il momento di ‘Happy’ e che dire…perfetta, tra le migliori della serata; una performance del genere potrebbe tranquillamente essere inserita in un album senza bisogno di alcun ritocco. Prima pausa e primo cambio d’abito. Rientra più in forma che mai e propone una delle canzoni del nuovo cd, ‘The Essence Of Me’. Rende decisamente meglio dal vivo, più potente e ritmata rispetto alla versione registrata.
Segue un’irriconoscibile versione acustica di ‘Time After Time’ di Cyndi Lauper, che Leona presenta come una delle sue canzoni preferite. La canta seduta sulla scalinata del palco, accanto al chitarrista che la accompagna…esibizione intima e pulita. Un solo peccato: è durata troppo poco. Si torna alla sua ultima fatica discografica con ‘Thank You’, magnifica ballad ricca di significato che Leona dedica ai genitori e ai fans e proprio per questo ha deciso di inserirla nella setlist del tour.
Terminata la canzone Leona chiacchiera un po’ con il pubblico e domanda se per caso (ironicamente) qualcuno conosce un artista di nome Sam Smith…è la volta di ‘Stay With Me’, nuovamente in versione acustica accompagnata dalle bravissime coriste, che qui si dimostrano davvero all’altezza di fare da spalla ad una voce come quella della Lewis.
Cambiamo completamente ritmo con il lead single di ‘I Am’, ‘Fire Under My Feet’. Non è facile far scatenare Leona ma questa canzone ci riesce, raramente la vediamo così tanto a proprio agio con ritmi che non sono propriamente i suoi, eppure quando canta ‘Fire Under My Feet’ si lascia completamente andare e riesce anche a coinvolgere il pubblico che la segue e batte le mani. Ancora mi domando come possa una canzone del genere essere passata inosservata…bah… ‘Ladders’ e la cover di ‘Latch’ (Disclosure) chiudono il terzetto dance del concerto. Segue una delle canzoni sicuramente più difficili da cantare live, ‘Power’, ma il risultato è ottimo e la cosa non sorprende.
L’ultimo cambio d’abito arriva per i pezzi forti. Leona in un abito lungo dorato si trasforma in una cantante lirica e porta sul palco l’‘Ave Maria’ di Schubert. Pelle d’oca. Non sono un’amante dell’opera ma sentire una cantante fare dal vivo quello che ha fatto Leona Lewis con questo pezzo mi ha lasciata senza parole. Incredibile è dire poco, chi conosce il suo album ‘Christmas, With Love’, conosce la versione studio di ‘Ave Maria’ ma vi assicuro che live è tutta un’altra storia. Standing ovation meritatissima.
Tocca a ‘The First Time Ever I Saw Your Face’, prosegue il silenzio in sala sia per l’intimità del brano sia perché non ci siamo ancora ripresi dall’esibizione precedente; solo una canzone poteva risvegliare tutti dallo shock: ‘Bleeding Love’. Erano sei anni che non sentivo questa hit dal vivo, e devo dire che è addirittura meglio di quanto mi ricordassi. ‘Bleeding Love’ è il brano a cui Leona deve tutto e lo canta con una tale passione e gioia che è impossibile rimanere impassibili.
Mettiamo da parte la nostalgia e passiamo ad una delle power ballad migliori della sua carriera, ‘Thunder’, che Leona si diverte a cantare con l’aiuto del pubblico. Tanti vocalizzi che dimostrano quanto sia ricco e raro il suo strumento.
Siamo così arrivati agli ultimi due brani, la potentissima uptempo ‘I Got You’ (non quella di Echo) che ci fa divertire prima delle lacrime finali portate da ‘Run’ e dal coro gospel che l’ha accompagnata.
Nessuna canzone sarebbe stata conclusione migliore di ‘Run’, la partecipazione della sala ne è la dimostrazione. Tutti a cantare nel buio del teatro illuminato dalle luci dei cellulari; ultimi brividi della serata.
Finale con pioggia di coriandoli dorati, Leona che saluta e stringe le mani ai fans in prima fila, ringrazia tutti per la duecentesima volta e se ne torna dietro le quinte.
@leonalewis Nottingham was a fantastic evening and celebrating my daughters birthday x pic.twitter.com/kdiqKULkon
— Tarnya (@tanyneedham) March 10, 2016
Se avete avuto la pazienza di leggere la recensione del concerto avrete già capito che, dal mio punto di vista, è stato davvero tutto quello che speravo (se non addirittura meglio) quando ho deciso di farmi un bel volo fino a Nottingham per rivedere Leona Lewis dopo sei anni. Molto varia e interessante la scaletta, un mix tra le sue canzoni più famose, i brani del nuovo album e numerose cover; curioso il fatto che non abbia cantato alcun pezzo di ‘Glassheart’.
Sulla voce non serve aggiungere nulla, Leona è Leona. Lei comunque è rimasta la ragazza umile e timida di una volta, non cambiava brano senza prima averci ringraziato, tanti sorrisi e tante pause per fare qualche chiacchiera e foto veloce. La libertà che ha trovato abbandonando la Syco traspare dalla gioia che mette nel palco e vale più di mille parole.
Molti in passato l’hanno accusata di essere fredda e di non saper stare sul palco ma il rapporto che ha instaurato con i fans gli ultimi anni dimostra proprio il contrario. Saper stare sul palco non significa per forza fare capriole, balletti, numeri da circo…stare sul palco può voler anche dire semplicemente CANTARE ed emozionare grazie ad una voce che al giorno d’oggi molte sue colleghe si scordano. Poi tutto dipende dai gusti e da cosa uno cerca in un concerto; io cerco questo, cerco la voce e l’emozione…gli effetti speciali li trovo al cinema.