Quando un’artista è stata definita a più riprese nel corso dei decenni “Regina Del Pop”, è ovvio che ci sia grande aspettativa intorno a qualsiasi sua iniziativa, tanto più se si tratta di un nuovo album, e ancora di più se i suoi ultimi lavori hanno avuto risultati in chiaro-scuro. Ho ascoltato, e in parte anche gustato, il nuovo album di Madonna, MDNA, il 12° studio album della sua carriera.
12 tracce nella versione standard, a cui si aggiungono altre 5 tracce (6 con il pre-order su I-tunes) della Deluxe Edition: anche stavolta Madge ha cercato di mettere insieme un team di produzione che riuscisse ad interpretare al meglio le tendenze attuali della musica pop (che in questi ultimi due anni e stata segnata da fortissime influenze dance) e che le permettesse allo stesso tempo di mantenere una propria impronta di stile (non come accaduto per album prodotti da alcuni nomi noti, che sembrano appartenere più al loro produttore che non all’artista che li canta e li ha scritti); e c’è da dire che in questo l’esperimento le è riuscito: l’album ha una discreta coesione nonostante siano ben 8 i producer che ci hanno lavorato, ed ha anche la personalità necessaria perché tu riesca a riconoscere abbastanza chiaramente che non solo è una traccia di Madonna, ma che probabilmente appartiene proprio a questo MDNA.
Trovo che il fatto che alcune di queste tracce ricordino più o meno chiaramente altre canzoni del suo repertorio è proprio un filo conduttore che mantiene viva l’impronta di Madonna in un album che altrimenti temo diventerebbe troppo anonimamente pop+dance, visto che la propensione per il dancefloor è già arrivata al limite dell’accettabile per un’artista (ed un album) pop.
Quello che le è riuscito meno – stavolta – è essere un po’ più avanti, precorrere le tendenze del pop, come aveva fatto molte volte in passato: l’album ha produzioni pulite, raffinate e curate nei dettagli, in alcuni casi direi perfette, e contiene certamente qualche potenziale hit, perfettamente in linea con quanto succede sul mercato al momento: beat come quelli contenuti in questo MDNA avrebbero fatto gola a molte reginette del pop che in questo momento sono alla ricerca di una nuova hit, ed i suoni decisamente contemporanei e senza eccessi che ritroviamo qui lo rendono davvero un buon prodotto sul mercato musicale del momento – ne è prova il fatto che MDNA ha debuttato alla numero uno nelle vendite sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna.
Ciò che invece in questo ultimo lavoro sembra mancare sono l’originalità e l’unicità delle sue tracce: quelle piccole genialate, quel “tocco magico” che trasformi una bella canzone in un vero masterpiece come lo sono stati in passato pezzi quali “Vogue”, “Music”, “Frozen”, “Ray Of Light” tanto per citarne alcuni; pezzi cioè che hanno reso Madonna la Regina del Pop, e che le servirebbero per riuscire a mantenere lo scettro.
Nonostante l’interpretazione di Madge sia da sempre piuttosto distaccata e tecnica, in alcune delle tracce di questo MDNA è riuscita a mettersi in gioco, forse più che in altre occasioni; ma ciò che stavolta sorprende di più nella sua interpretazione credo sia il progressivo cambiamento della sua vocalità (già iniziato con i lavori precedenti, soprattutto Hard Candy) che l’ha portata a tonalità più alte che in passato, a uno stile spesso più “tirato” e a tratti forzato, artificiosamente contaminato dagli effetti e dai filtri di auto-tune applicati, il che finisce per vanificare parte del suo sforzo nel calarsi nelle nuove tracce in maniera interpretativamente più intensa (non pensate però ad un’interpretazione drammatica o sentimentale, i testi di questo album non sono proprio su quelle corde!).
Infatti MDNA si apre con “Girl Gone Wild”, pezzo che canta come le ragazze perdano il controllo grazie alla musica (anche se i doppi-sensi si sprecano): una traccia tipicamente dance/pop prodotta dai due cugini Benassi, che è stata elevata al titolo di primo singolo ufficiale, dopo che “Give Me All Your Luvin” è stata classificata come street single. Sicuramente una delle tracce uptempo più catchy dell’album, immediata ma non dozzinale o troppo tamarra; peccato che l’inizio della traccia sia estremamente simile a “Sorry”, pezzo contenuto in “Confessions On A Dancefloor”.
A seguire c’è un’altra traccia dalle lyrics poco edificanti (ma proprio per questo già molto amata tra i fan) che mostra il lato più bitchy di Madonna: in “Gang Bang” la base si fa ancora più dance ed elettronica, oscura ed ossessiva, sposandosi molto bene proprio con il testo, ma la ripetitività che pervade buona parte della canzone prodotta dai Demolition Crew non permette al pezzo di decollare a dovere.
La traccia successiva è “I’m Addicted”, che si inserisce perfettamente nella scia electro del pezzo precedente grazie alla produzione congiunta dei Benassi e di Demolition Crew: passaggi con voce campionata, synth scuri ed ipnotici, ascoltandola sembra davvero di essere in un club, storditi da musica ed alcool ed ossessionati dalla voce di una persona di cui non si riesce a fare a meno (per caso Madge si riferiva proprio a se stessa??). Traccia un po’ più ammiccante rispetto a “Gang Bang”, ma con meno personalità.
In “Turn Up The Radio” si torna a sonorità dance più tendenti al pop grazie alla produzione di Martin Solveig che mescola bene lo stile “Madonna” con lo stile “French Touch” tipico dei suoi lavori. Una traccia semplice ed un testo altrettanto facile: fresca e piacevole, ma non particolarmente incisiva.
Alla numero 5 troviamo invece “Give Me All Your Luvin’”, primo singolo estratto dall’album e poi declassato a street-single perché, si è detto, è uscito per anticipare l’album e perché era legato direttamente alla performance di Miss Ciccone al Superbowl: anche qui il produttore è Martin Solveig (accanto a Madonna, che ha voluto intervenire personalmente nella produzione di tutte le tracce), e sul pezzo si sono già spese tante parole. Sicuramente molto catchy e facile, con due featuring femminili alquanto originali (soprattutto quello di M.I.A., artista che negli States è molto poco nota) ; i clapping e le atmosfere cheerleader la rendono un pezzo allegro ma cheap, un buon brano ma probabilmente un po’ azzardato per lanciare il nuovo album.
La traccia che segue è “Some Girls”, uno di quei pezzi in cui l’utilizzo di artifici elettronici sulla voce è più forte e forse un po’ eccessivo, e dove i suoni electro spiccano anche nell’arrangiamento e nel beat della traccia. A controbilanciare ci pensa però la melodia, data quasi solo dalla voce di Madge, che in alcuni passaggi suona quasi come uno strumento (santo Vocoder) e da pochi synth perfetti, che sono il vero motivo per cui questa “Some Girls” ti entra facilmente in testa e resta una delle più accattivanti di MDNA.
Alla numero 7 della tracklist spunta “Superstar”, traccia pop-electro prodotta da Indiigo (il DJ delle notti parigine) con un beat ed un arrangiamento gradevole, ma che manca di mordente e si perde un po’ ripetitivamente in se stessa. E le lyrics non aiutano molto, giocando a creare una lode dal gusto un po’ bizzarro (chi vorrebbe sentirsi dire “Uh la là, sei la mia superstar!”??).
La voce di Nicki Minaj torna nel featuring dell’ottava traccia, “I Don’t Give A” dove Madonna tira fuori un po’ di rabbia e di irriverenza vera, con un testo che reclama la propria personalità e coerenza di fronte al mondo: il tutto accompagnato da un arrangiamento efficace (anche se piuttosto semplice) curato da Solveig, che gioca con cori e crescendo epici a creare un effetto di “lotta per la libertà”. Una traccia che cresce con gli ascolti, e che merita un posto di rilievo, che mi piacerebbe poter sentire come singolo.
“I’m A Sinner” è il pezzo numero 9 di questo MDNA ed è una di quelle tracce che rievoca maggiormente il repertorio di Madge (probabilmente anche per colpa/merito di William Orbit che ne ha curato la produzione) tanto che la si potrebbe chiamare “Beautiful Stranger 2012”: beat moderno, ma melodie sicuramente poco originali. Se in questo album fate fatica a ritrovare la Madonna che conoscevate, questa è una buona ancora di salvezza, ed anche il testo si ritrova ad essere abbastanza semplice e prevedibile.
Anche la traccia numero 10, “Love Spent”, è prodotta da Orbit, con l’aiuto di Free School, nome attivo nella scena pop&b americana degli ultimi anni: il pezzo ha un classico beat dance, e suoni tipicamente pop (tra cui quel tipo di chitarra tanto cara a Orbit), fusi insieme in un mix piacevole, su cui Madonna si inserisce con vocals sempre in tonalità molto alta, ma che si adagiano sulla base senza risultare forzati.
Il pezzo alla numero 11 della playlist si intitola “Masterpiece”, e appartiene invece solo indirettamente alle sessioni originali dell’album, perché è stato realizzato da Madonna e da Orbit subito dopo che lei aveva terminato di girare il suo ultimo film in veste di regista, ovvero “W.E”, ed è stato incluso proprio nella colonna sonora originale del film. Grazie a ciò la questa ballad mid-tempo è entrata in nomination ai Golden Globes e infine si è aggiudicata il premio come “Best Original Song”, e probabilmente anche per questo motivo si discosta leggermente dal filo conduttore musicale di questo album.
La versione standard di MDNA termina con la traccia numero 12, ovvero “Falling Free”: se vi chiedevate dove fosse finita la traccia dalle atmosfere sognanti e che ti portano via (quella che nell’ultimo album corrispondeva a “Miles Away”, quella che in American Life era “Love Profusion”), ecco, stavolta è l’ultimo pezzo dell’album. Produzione in classico stile Orbit (tanto che si potrebbe tranquillamente scambiare per un pezzo appartenente a uno dei suoi precedenti album), atmosfere rilassate, archi soavi e voce che scorre leggera con parole che invitano ad abbandonarsi alla libertà reciproca. Sicuramente una buona traccia, anche se un po’ troppo simile alle precedenti.
Un commento a parte meritano le altre 4 tracce inedite presenti nella DELUXE EDITION (a cui si aggiungono il remix di “Give Me All Your Luvin” by LMFAO e l’acoustic di “Love Spent”), che non sono affatto scarti:
“Beautiful Killer” è un’altra perfetta produzione pop-dance curata da Solveig e con un buon ritornello; “I Fucked Up” è un pezzo più lento e con meno melodia, ma con un cambio ritmico che tiene viva l’attenzione; “B-day song” è un pezzo allegro ma un po’ sconclusionato, che si inserisce nella scia cheerleader tracciata da “Give Me All Your Luvin” con qualche forzatura di troppo nell’interpretazione vocale; infine “Best Friend”, pezzo pop con un beat elettronico che poco ha da invidiare ad altre tracce dell’album.
Concludendo, non so se l’MDNA di Madonna sia proprio una droga di cui non si riesce a fare a meno, ma di certo è un album che funziona, in molte tracce vicino all’atmosfera che si respira la notte nei club, anche se con pezzi come “Fallin’ Free”, “Masterpiece”, ma in parte anche nella stessa “Give Me All Your Luvin’” Madge riequilibra un po’ la bilancia verso il pop: ora tocca all’immancabile tour portare sul palco lo spettacolo e la musica di questo ultimo lavoro, che resta certamente un album positivo nella sua carriera. Chi si aspettava un ritorno alle origini con la presenza del produttore storico William Orbit si sbagliava, anche perché difficilmente una testarda e determinata come Madonna torna indietro, ma questo lavoro la riavvicina al successo e le permette di ritrovare l’impronta giusta. L’aspetto che ritengo meno interessante di MDNA restano purtroppo i testi, che mediamente (ad eccezione di alcune tracce) restano molto semplici ed anche banali: la musica pop non è mai stata portatrice di grandi contenuti politici o sociali, ne tantomeno la dance (dove solitamente le parole sono un semplice contorno che vuole facilitare il lasciarsi andare al ballo), però un’artista matura e con tanta esperienza come lei avrebbe potuto rischiare di più su questo fronte.
Come valutazione generale questo album secondo me si merita 4 stelle, ma se lo consideriamo come un album pop mi fermerei a 3 ½ … a meno che Madonna non voglia cambiare corona, e diventare Regina della Dance!
SMO of Rnbjunk.com Rating: 3,5/5
– Pubblicato da SMO –