Essere una leggenda della musica comporta un prezzo da pagare, lo sa benissimo Mariah Carey che lo scorso 23 maggio ha rilasciato il suo 12° studio-album (esclusi gli album natalizi), intitolato “Me. I Am Mariah… The Elusive Chanteuse“; un’ Era iniziata male con diversi rinvii, indecisioni sui singoli da estrarre e quindi portare avanti con la promo e addirittura sul titolo ufficiale dell’album, per finire peggio sul piano commerciale con un bottino davvero ridicolo per un’artista che vanta più di 200 milioni di records venduti a livello globale… insomma un vero e proprio disastro per la Def Jam che aveva ‘adottato’ l’artista dopo i suoi trascorsi con la Columbia e Island Record.
I motivi di questo ‘fallimento commerciale’ possono essere molteplici, ma parlavamo di un prezzo da pagare per Mariah che, come ogni mostro sacro della musica, si ritrova a ‘combattere’ contro i suoi stessi capolavori e quindi misurata in base a questi ogni volta che esce con un nuovo progetto… il che può risultare davvero un’impresa ardua!
Ma, “Me. I Am Mariah…” è davvero così deludente anche sul piano artistico/musicale? … beh cercheremo di raccontarlo con il seguente track by track:
L’artista vuole fin da subito dimostrare che nulla è cambiato musicalmente rispetto a qualche anno fa, quando ci proponeva e deliziava con le fantastiche ballad come “Through The Rain“, “Yours“, “Bliss” ecc…, è infatti il fidato James ‘Big Jim’ Wright il produttore di “Cry.“, una sublime piano ballad dalle sfumature gospel, che avrebbe fatto la sua bella figura anche in un album come “Charmbracelet”. Ad arricchire questa composizione quasi perfetta, l’interpretazione di Mariah, davvero notevole rispolverando il suo whistle… dedicata a tutti i nostalgici!
Inizia benissimo quindi l’album, che subito dopo un classicone ci propone le produzioni dei due hitmaker Urban del momento, ovvero Mike WiLL e Hit Boy. La prima, “Faded“, si basa su un moderno bassline ma si nota in background la mano del supervisore del progetto, Jermaine Dupri, che ritroveremo in seguito. Se questa è più vicina a sonorità Urban, quella di Hit Boy “Dedicated“, è caratterizzata da un’atmosfera più pacata, con riferimenti a ‘Da Mistery of Chessboxin‘ dei Wu-Tang Clan. Qui troviamo anche la prima collaborazione, un featured artist da amarcord, ricordiamo infatti la bella ‘Thank God I Found You
‘… parliamo ovviamente di Nas.E’ Miguel invece ad aprire la track n.4 , il lead-single del progetto “#Beautiful“, un miscuglio tra sonorità Soul e rock and roll, rievocando così l’atmosfera old school dell’era Motown Records/ Stax.
Si ritorna per un attimo all’Urban con “Thirsty“, in particolar modo alla classica tecnica di produzione targata Hit Boy, che ha proposto già in diverse occasioni, per questo può risultare non proprio originale, ma salviamo senza dubbio il bridge… mentre non possiamo restare indifferenti all’armonica che apre “Make It Look Good“… sì in effetti è lui, Stevie Wonder, ingaggiato per l’occasione da Jermaine Dupri. Il produttore e manager, tanto criticato dal fanbase di Mimi per la gestione del progetto, crea una traccia davvero piacevole dal vibe anni ’80 , ma nello stesso tempo omaggiando la Mariah dei primi anni 2000, per esempio riconoscibili in backgroung alcuni riferimenti stilistici a ‘Boy(I Need You)’.
Quindi, promossa la prima produzione di JD, un po’ meno la successiva di Rodney ‘Darkchild’ Jerkins scelta anche come singolo “You’re Mine (Eternal), un tentativo poco riuscito di emulare un ‘capolavoro’ come “We Belong Togheter”… originalità portami via…
Ma è ancora una volta il duo JD/B.M. Cox a farsi notare con “You Don’t Know What to Do“; l’atmosfera è quella tipica della disco anni ’70, genere che proprio in quel decennio si fondeva alla perfezione con il funk e il soul, attraverso elementi come gli archi e il basso, suoni che ritroviamo anche in questa traccia. Non a caso contiene il sample di ‘I’m Caught Up in a One Night Love Affair’, mentre la parte rap è affidata a Wale. Energica e di qualità.
Ci troviamo forse nella parte migliore dell’album, che non delude con le prossime tre tracce: in “Supernatural” avvertiamo subito qualcosa di speciale… sono i Dembabies che con le loro dolci voci fanno da contorno, mentre la mamma canta del suo amore supernaturale per loro, destreggiandosi ancora una volta su questa produzione R&B pura.
Mariah dopo aver professato l’amore per i suoi gemelli, ritorna su una disco-jam offrendo alcuni commenti sulla cultura delle celebrità in “Meteorite“, beat creato dal genio di Q-Tip attraverso il sample di ‘Goin’ Up in Smoke‘ di Eddie Kendricks, former dei Temptations e questo può bastare a presentare la traccia, interpretata da Mimi senza eccedere troppo vocalmente. Sicuramente una delle migliori dell’album!
Non è da meno “Camouflage“, dove ritroviamo ‘Big Jim’ Wright per la seconda piano ballad dell’album, in cui Mariah dà nuovamente sfogo alle sue abilità vocali, accompagnata da cori gospel nel finale. Lyrics interessanti per una melodia che vi trascinerà.
Siamo giunti quasi al termine del disco, ma prima c’è spazio per un’altra collaborazione con un’artista Hip Hop come Fabolous, prodotta ovviamente da Hit Boy…si tratta di “Money” che a differenza di come può sembrare dal titolo ha contenuti anti-materialisti, infatti Mariah nota per essere un po’ sopra le righe, con un marito e i DemBabies ha dimostrato quanto le sue priorità sono cambiate con loro. La produzione è caratterizzata dal suono delle trombe ed è anch’essa figlia di ben due sample.
Si va sul classico con le ultime due tracce, prima con la cover di George Michael “One More Try“, leggermente rivisitata da JD che si occupa anche di “Heavenly (No Ways Tired / Can’t Give Up Now)“, traccia dalla forte impronta gospel!
Solo nella Deluxe Edition troverete “The Art Of Lettin Go”, traccia prodotta da Darkchild e che inizialmente dava il nome all’album, una ballad R&B composta dal suono del piano, degli archi e della chitarra, insieme a due delle tracce presenti anche nel precedente album “Memoirs of an Imperfect Angel”, una scelta insolita anche se si tratta dei remix con l’aggiunta di due istituzioni della black music, Mary j Blige per “It’s a Wrap” e R.Kelly per “Betcha Gon’ Know”.
L’album non presenta nessuna sostanziale novità a livello musicale, potrebbe essere questo uno dei fattori ad aver tradito Mariah sul piano commerciale, ma è un lavoro che non può non essere apprezzato dai fans di lunga data che hanno amato le ballad (come quelle prodotte da ‘Big Jim’ Wright) e il virtuosismo vocale dell’artista. Qui resta tutto intatto, un mix soul, funk e gospel che ci porta indietro nel tempo, e resta apprezzabile ma non eccellente il tentativo di modernizzarsi con lo stile Urban.
Possiamo dire che la qualità dell’album non corrisponde ai numeri registrati fino ad ora, ma ci aspettiamo prossimamente dalla nostra Mimi un’evoluzione artistica… il suo nome è ormai scritto in maniera indelebile tra le leggende, ma c’è già chi è pronta a prendersi il suo ‘ruolo’ nei prossimi decenni..
Noi chiudiamo con un bel 7.50/10… diteci la vostra…