I One Direction tornano con un nuovo album di inediti, il quinto della loro carriera costellata di grandi successi, ed il primo dopo la dipartita di uno dei membri del gruppo, Zayn Malik. Il progetto si chiama “Made in the A.M.“, e sarà l‘ultimo lavoro rilasciato dalla band prima di prendersi un periodo di pausa.
Siamo quasi certi che nessuno dei talenti venuti fuori da X Factor riuscirà a ripetere gli incredibili risultati conseguiti dai One Direction. Il gruppo, nato un po’ per caso, è riuscito a riportare in auge la formula delle bands (se non ci fossero stati loro non avremmo le varie Little Mix e Fifth Harmony), riuscendo a smerciare nel mondo la bellezza di 20 milioni di album, e fatturando incassi da record con i loro tour. Fortissimi di un solido fanbase, i ragazzi sono riusciti nel corso degli anni ad attrarre anche tanti fans delle popstars rivali, riuscendo persino a strappare alcuni record a band storiche come i Beatles.
Il pubblico verso il quale la band si rivolge sono ovviamente fruitori giovani di musica, non diversamente da quello che in realtà fanno diverse popstars leggermente più in là con gli anni, come Taylor Swift o Katy Perry, per quanto stranamente l’ascoltatore medio tenda a declassare le canzoni dei 1D come “musica spazzatura”.
Con il passare del tempo però la band non è rimasta sempre uguale a se stessa, e il sound negli album si è evoluto man mano divenendo sempre più consapevole e maturo, pur rimanendo comunque ancorato a certi stereotipi, come le tipiche canzoni d’amore in salsa teen.
Per quanto riguarda la produzione di questo progetto si può notare un gran cambiamento rispetto al passato: mentre i primi 4 album sono stati confezionati sotto la supervisione di un corposo team di producers, qui il numero si riduce esclusivamente a tre nomi: Julian Bunetta, che collabora con il gruppo attivamente già dal secondo album “Take Me Home”, John Ryan che invece è salito a bordo dal terzo album come producer dell’intero lavoro (ma collaborava già con Bunetta nella produzione di tracce del secondo disco), ed un nuovo acquisto, un certo Jesse Shatkin, famoso per aver preso parte alla produzione del disco di Sia “100 Forms Of Fear” (e confermato per “This Is Acting”) ed alla famosa hit “Chandelier”.
Nessuna traccia dei vari producers più “commerciali” tra cui RedOne, Dr. Luke, Cirkut, Carl Falk (che produsse le hits “What Makes You Beautiful”, “One Thing”, “Live While We’re Young”, “Kiss You”), che invece furono protagonisti dei primi lavori della band.
Cosa sarà accaduto in questo nuovo progetto? C’è stata una maturazione, oppure i One Direction sono rimasti “prigionieri” della loro formula? Non ci resta che scoprirlo…
01. Hey Angel: apre il disco un brano che ci stupisce, perchè lontano dalle sonorità tipiche della band. Il sound è molto simile (troppo?) alla celeberrima hit rilasciata da Robbie Williams nel 1998, Millennium. Questa similitudine la si può notare sin dai primi secondi della canzone: la strumentazione salvo qualche variazione è pressoché identica, così come l’atmosfera del pezzo in generale. Addirittura gli “ooooh” sembrano voler ricalcare in maniera pedissequa il lavoro di Robbie.
Chiusa questa parentesi sulla mancanza di originalità del brano, che non è per forza un punto a sfavore, devo dire che questa traccia è abbastanza ben strutturata. Le voci dei ragazzi sono ben amalgamate alla base. Il brano è confezionato così bene che non si colgono neanche tante differenze a livello vocale tra i diversi interpreti, cosa che invece in altri pezzi della discografia della band è evidentissima.
Il testo rappresenta un vero e proprio inno, nel senso religioso del termine, infatti i ragazzi non si rivolgono alla donna amata (anche se, ovviamente, l’ascoltatore può interpretare il testo in vari modi in base alla propria sensibilità e vissuto) come si potrebbe pensare, ma parlano davvero con un ipotetico angelo, inteso come entità superiore benevola.
Hey angel
Tell me, do you ever try
To come to the other side?
Hey angel
Tell me, do you ever cry
When we waste away our lives?
Fin dal primo brano di questo disco si percepisce una spinta al cambiamento da parte della band, cambiamento che li porterebbe verso un pop più maturo. Tuttavia si tratta di un tentativo ancora un po’ incerto, e che trova sostegno nel perseguire un cammino sicuro, già attraversato da altri e senza alcun periglio. Comunque sia un buon inizio che ci dà una bella dose di carica.
02. Drag Me Down: Proseguiamo con il primo singolo estratto dal progetto, una midtempo che ha ottenuto buoni risultati. L’atmosfera del disco cambia bruscamente. In un certo senso la traccia “vi trascina giù” davvero rispetto alle vette “angeliche” raggiunte con il precedente brano. Questo non perchè sia un brutto pezzo, anzi, ma tornano presenti le sonorità teen che ci si aspetta dal prodotto targato One Direction, sebbene sia evidente un maggiore impegno rispetto al passato nell’abbracciare un sound rock friendly più adulto (il riferimento qui è ai The Police). Rispetto ai singoli delle Ere passate, si vede un maggiore sforzo nel far sì che tutti gli interpreti potessero dare il loro contributo nel brano, mentre prima il grosso del lavoro veniva demandato ad Harry e Zayn. Il pezzo è molto semplice, ma comunque incisivo. E’ un brano che funziona questo qui, e c’era da aspettarsi che facesse buoni numeri. Passiamo oltre.
03. Perfect: Nuova traccia, nuovo singolo, il secondo questa volta. Brano power-pop che ci piace molto e che ha riscosso meno successo del precedente estratto, nonostante si tratti di un pezzo molto catchy e pensato per le radio. Ecco, qui abbiamo fatto un ulteriore passo indietro: il sound diventa più teen ed il brano è la canzone d’amore “adolescenziale” che tutti si aspetterebbero dai One Direction, nè più nè meno. Una maggiore maturità qui la possiamo ritrovare esclusivamente nel song-writing, al quale hanno partecipato Harry e Louis. Il testo smonta infatti il concetto di amore idealista in favore della filosofia “proprio qui, proprio ora”. Louis Tomlinson ha parlato della traccia in questi termini:
“Non sei il tipico cavaliere in armatura brillante, un ragazzo come Romeo … non ci si deve prendere così sul serio. E’ incentrata più sul cogliere l’attimo “.
04. Infinity: La quarta traccia è il singolo promozionale “Infinity”. Nel corso della loro carriera i One Direction hanno proposto tantissime serenate d’amore, ma questa power ballad rappresenta uno dei momenti migliori nella loro intera discografia, se consideriamo quest’ambito. “Infinity” è una canzone piena di dolcezza, le voci dei ragazzi riescono ad infondere un senso di tranquillità e tepore.
Curata la strumentazione, buona la prestazione vocale dei quattro, che non risente per nulla della mancanza di una bella voce come quella di Zayn Malik. Il brano si articola seguendo un vero e proprio climax sia nella strumentazione che nel cantato; abbiamo un inizio piuttosto soft ed intimo con le voci dolci di Liam e Niall, mentre nel ritornello la base decolla assieme alla potenza vocale di Harry Styles, le voci degli altri ragazzi si armonizzano accompagnandolo con dei cori. Il momento più coinvolgente del brano è senz’altro la parte strumentale che anticipa l’esplosione di cori alla fine del brano. Ci piace parecchio questa Infinity, sicuramente uno dei momenti migliori del disco.
05. End of the Day: Il brano che segue “Infinity” affronta ancora la tematica amorosa, ed in questo caso si nota nuovamente una maggiore spinta nell’abbracciare delle sonorità pop più mature. Le liriche mettono in evidenza come a volte l’amore possa apparirci incomprensibile tanto da mandarci in confusione, ma alla fine dei giochi (o del giorno, come dice il titolo) si sa di appartenere alla persona per la quale si provi un forte sentimento di trasporto.
Tema già affrontato, quello dell’amore giovanile, ma con un approccio totalmente diverso. Pensate che qui le sonorità nel ritornello si potrebbero facilmente accostare persino (udite, udite!) a quelle dei Beatles! Si tratta di un pezzo romantico strutturato nelle strofe come una uptempo, ma come ballad nel ritornello. E’ un brano che non raggiunge la grandezza della precedente “Infinity”, ma che si lascia ascoltare davvero piacevolmente. Molto bello il focus di chitarra elettrica nella parte finale, e buona la performance vocale di Louis, che pur essendo il più debole vocalmente nella band è riuscito a fare bella figura nel bridge. Promossa, finora tutto sta filando liscio come l’olio.
06. If I Could Fly: Ci avviciniamo alla metà del disco, e l’atmosfera cambia notevolmente con questa “If I Could Fly”, una magnifica ballad in cui la voce dei ragazzi viene accompagnata inizialmente da un piano, la strumentazione in seguito si arricchisce con l’apporto di suoni di archi. I One Direction cercano di riprendere la formula del loro vecchio singolo “Little Things”, caratterizzato da strumentazione minima e forte coinvolgimento emotivo. Il risultato è a mio avviso superiore al predecessore. L’atmosfera si fa malinconica, le voci dei ragazzi sono perfettamente armonizzate come al solito.
Qui devo dirlo, è un vero peccato non poter ascoltare il bel timbro di Zayn su una traccia del genere, tuttavia come chiarirò nella conclusione penso che la dipartita di Malik non sia stata completamente negativa per la band, perchè ha consentito a Liam, Niall e Louis di venir più fuori e mostrare le proprie capacità. Questo pezzo potrebbe davvero essere apprezzato da un pubblico costituito da gente di ogni età. Un brano che segna uno stacco importante nell’album, e noi siamo pronti a scoprire cosa ci attenderà più avanti
07. Long Way Down: Questa nuova atmosfera più malinconica viene mantenuta in questa traccia. Pian piano ci stiamo avvicinando alla fine del disco, ed il momento di “dire addio” ai fans è dietro l’angolo. “Long Way Down” parla della fine di una storia d’amore e dei rimpianti che ne conseguono, dovuti alla realizzazione del fatto che si sia gettato per aria quanto di più bello si potesse desiderare. Il pezzo si articola come una ballad che richiama in parte sonorità già esplorate nel precedente progetto “Four”. E’ un brano con forti richiami folk. E’ una traccia che si lascia ascoltare, ma che non brilla all’interno del progetto, forse a causa della poca incisività dei ritornelli.
08. Never Enough: Questa traccia ci stupisce sin da subito per il mix di sound funk e doo-wop anni ’80. Proprio il doo-wop è stato riportato in auge ultimamente grazie ad alcune hits di Meghan Trainor. Si tratta di un pezzo che sicuramente appare molto bizzarro, e che sinceramente non mi ha molto convinto. Avrei evitato una traccia del genere. Nel ritornello il doo-wop si mescola con il sound tipico dei One Direction in modo non convincente, si ha una vera e propria sovrapposizione confusionaria e non armonica tra due stili differenti. Se si voleva sperimentare con questo stile nuovo per la band, la cosa doveva essere decisamente meglio orchestrata. Avrei preferito che i quattro si fossero snaturati del tutto ed avessero fatto qualcosa di completamente diverso dal solito. Va bene mettersi in gioco e sperimentare, ma nel momento in cui si va a comporre la tracklist di un album occorrerebbe far fuori i pezzi in cui si risulta meno convincenti. Brano bocciato. “Non abbastanza”.
09. Olivia: La traccia che segue è un altro brano che non mi convince. In “Olivia” i One Direction si rifanno chiaramente alle sonorità anni ’60 e sembrano aver rubato questa traccia direttamente dalle mani di Mika, anche se potrebbero essere colte delle chiare analogie con il sound dei Beatles anche in questo caso. Ovviamente, siamo fermamente convinti del fatto che non esistono paragoni tra questa resa e ciò che avrebbe potuto fare su questo brano un artista del calibro di Mika. Altro pezzo di cui avremmo fatto volentieri a meno.
10. What a Feeling: Facciamo un salto, ed approdiamo nuovamente a sonorità più recenti con questa midtempo, “What A Feeling”. Il cantato riprende molto quello delle boybands anni ’90, mentre la musica si rifà alle sonorità tipiche degli anni ’70/’80. Anche in questo caso, si tratta di un pezzo che non ci saremmo mai aspettati dai One Direction, un pop decisamente più adulto. Nulla di innovativo all’orizzonte anche per questa traccia, che sembra attingere a piene mani dal repertorio di Phil Collins.
Il beat fa perfettamente risaltare la voce degli interpreti. E’ una traccia che richiama il periodo d’oro delle boybands, ma che ci riporta anche vagamente indietro ad alcuni brani dell’inizio della discografia dei One Direction. Il testo parla del bellissimo sentimento che si prova stando vicino alla persona amata, che ci porta a sentirci come dei veri e propri re. E’ un brano ben realizzato ma che non brilla particolarmente, passa senza lasciare il segno.
11. Love You, Goodbye: I richiami ai primi album della band continuano con questa nuova traccia, una bella downtempo che lascia spazio alla voce degli interpreti. Questa Love You Goodbye rappresenta quel brano con influenze folk che a differenza di Long Way Down ci soddisfa pienamente. La canzone parte con una base introspettiva e riflessiva che viene presto raggiunta dalle bellissime voci dei ragazzi, che prima in maniera molto soft e poi con un po’ di grinta in più riescono ad eseguire un’interpretazione a dir poco magnifica di questo pezzo.
L’atmosfera inizia a cambiare un po’ tra la fine del primo ritornello e la seconda strofa grazie all’arrivo di altri strumenti che rendono il ritmo più incalzante e trasformano il pezzo in una perfetta midtempo dal gusto pop-rock. La parte migliore del brano è tuttavia il bridge, in cui ritornano le atmosfere soffuse e l’interpretazione vocale si fa davvero magistrale. Menomale, ci riprendiamo con questa traccia proprio quando il disco sembrava scivolare rispetto all’inizio, decisamente più convincente.
12. I Want to Write You A Song: Siamo già arrivati alla penultima traccia del disco. Questa “I Want to Write You A Song” rappresenta la mia canzone preferita all’interno di questo progetto, ed in tutta la discografia dei One Direction. Pur essendo strutturata in maniera molto semplice e senza difficoltà tecniche, questa traccia acustica, nella quale ogni artista viene lasciato libero di esprimersi con la propria vocalità, riesce a creare una bellissima atmosfera, cullando letteralmente l’ascoltatore. Strumentazione minima e dolce timbrica dei ragazzi, influenze folk che impreziosiscono ancora di più il tutto, per una bellissima canzone che riesce davvero ad emozionare come non mai.
Possiamo ascoltare in sottofondo il rumore di una penna che scrive. Il concept di base è molto semplice: è come se le parole prendessero vita non appena vengono fissate su carta, tramutandosi in dolce melodia. Il testo sembra rivolgersi direttamente ai fans piuttosto che alla persona amata, e questa canzone sarebbe un dono per quanto i ragazzi hanno ricevuto dai loro sostenitori in questi anni, ed un modo per venire ricordati durante la loro assenza dalle scene:
Everything I need I get from you
Givin’ back is all I wanna do
I want to write you a song
One to make your heart remember me
So any time I’m gone
You can listen to my voice and sing along
I want to write you a song
13. History: Ancora emozionati dalla magia della traccia precedente, magia che difficilmente ci saremmo aspettati dai One Direction, eccoci approdare all’ultima traccia della standard version del disco, “History”. Si tratta di un bel pezzo pop acustico.
La voce del bravissimo Harry Styles apre il brano, accompagnata da una chitarra classica e semplici claps che danno il tempo. Il ritmo si mantiene tranquillo durante la strofa e nel ritornello le voci dei ragazzi sono completamente armonizzate fra loro, ed accompagnate da cori, alla cui creazione hanno partecipato, come svelato da Niall, alcuni fans della band. All’ inizio della seconda parte del brano il ritmo si velocizza leggermente, e la musica si arricchisce di strumentazione, la canzone assume toni più rockeggianti, per poi tornare al ritornello in acustica.
Personalmente ho molto gradito questa canzone. Si tratta di una buona album track. Il testo parla della fine di una storia d’amore, in cui non ci si riesce a rassegnarsi al fatto di essere lasciati dalla persona amata, e la si invita a provare a continuare, ricordando i bellissimi momenti passati assieme. E’ chiaro il riferimento figurato ai fans anche in questo caso, e il brano rappresenta una sorta di continuazione del precedente. I ragazzi ripetono “This is not the end, this is not the end”.
Non finisce qui! I fans più sfegatati della band che hanno acquistato la versione deluxe potranno infatti ascoltare altre 4 tracce: partiamo da Temporary Fix, brano che ripropone le sonorità tipiche dei primi album della band, un pop frivolo e dalla produzione dozzinale, comprensibile l’esclusione dalla tracklist standard. Proseguiamo con Walking In The Wind e Wolves, altre tracce che ci rimandano direttamente al passato, e che sarebbero potute comparire benissimo nel primo o nel secondo album della band. Decisamente un bene che siano state escluse. Concludiamo con A.M., brano in acustica che invece ci avrebbe fatto molto piacere trovare nella versione standard del disco. Davvero singolare questa scelta di collocare nella versione deluxe la traccia che dà il nome all’intero progetto. Sicuramente si poteva tagliare via qualcosa dal disco e sostituirla con questa bella canzone.
Cerchiamo di tirare le somme su questo progetto alla luce di quanto osservato fin’ora. Questo “Made In The A.M.” rappresenta una grande evoluzione per la band, e paragonandolo con i primi album, sostanzialmente non si trovano punti in comune. Il gruppo nel corso degli anni ha mostrato una crescita che si è pienamente concretizzata con questo capitolo finale della carriera. Uptempo teen dalla produzione banale hanno lasciato il posto a pezzi che potrebbero conquistare anche un pubblico adulto, se non fossero intrappolati dal format One Direction. Molti ascoltatori tendono infatti a non considerare la musica di questi interpreti, snobbandola come musica di serie B e “senz’ anima”, e sicuramente ciò accadrà anche con questo progetto. E’ stato anche rischioso per i 1D abbandonare in parte certe sonorità teen, dato che il pubblico adolescenziale è proprio quello al quale essi si rivolgono ancora in buona parte, per questo mi sento ancor di più di lodare questa scelta.
Di certo i One Direction non hanno osato al cento per cento, ed hanno preferito non allontanarsi dal sentiero già tracciato da altri, questo non è un album che farà la storia, tuttavia è un buon disco con tracce valide, ed è lodevole la voglia di mettersi in gioco, crescere, imparare e non arrendersi. Con l’abbandono della band da parte di Zayn Malik avevano dato tutti (me compreso) per spacciato il gruppo, eppure i ragazzi sono tornati in grande stile, con un prodotto davvero ben strutturato: ricercatezza nei testi (ai quali hanno collaborato attivamente tutti gli interpreti per quasi tutte le canzoni), composizioni strumentali ben realizzate e congegniate in modo tale da adattarsi in maniera impeccabile alle voci degli interpreti, in grado di trasmettere emozioni ed armonizzarsi le une alle altre in maniera ottima. Un tocco di folk (già sperimentato in “Four”) rende molto interessanti diverse tracce.
Avevo veramente timore che con l’abbandono da parte di Zayn Malik, una delle voci principali e più belle del gruppo , il nuovo album sarebbe stato non all’altezza dei predecessori. Invece devo riconoscerlo, non si sente affatto (o quasi) la mancanza di Zayn, e come avevo anticipato nelle analisi di uno dei brani, sotto un certo punto di vista la dipartita del ragazzo potrebbe essere stata addirittura un bene per il gruppo. In precedenza infatti, le canzoni vedevano come principali protagonisti solo Harry (che comunque continua a mantenere un ruolo chiave) e Zayn, mentre Liam e soprattutto Niall e Louis facevano in pratica da coristi. E’ ovvio che ora gli equilibri nella band siano notevolmente cambiati, e questo ha spinto gli altri tre ragazzi a darsi da fare, unendo le forze per rimpiazzare al meglio il collega che ha deciso di ritirarsi ad un passo dalla fine. E ce l’hanno fatta con buoni risultati direi.
Se questo è davvero l’album dell’uscita dalle scene, i ragazzi lo fanno a testa alta. Se invece si trattasse di un addio temporaneo della durata di qualche anno, questo disco rappresenta una buona evoluzione da cui ripartire quando i tempi saranno favorevoli. Un voto pienamente positivo da parte nostra.