Carly Rae Jepsen è stata la reginetta dell’estate: la sua “Call Me Maybe” ha spopolato dappertutto ed è stata omaggiata persino in uno spassoso video realizzato dagli atleti americani durante le ultime Olimpiadi a Londra e dagli attore/cantanti di “Glee”. Era inevitabile che arrivasse il suo primo album “Kiss” (in realtà già pronto da tempo, prima che esplodesse a livello internazionale, e rimaneggiato un po’ per l’occasione). Il primo commento è che 16 tracce (13 + 3 bonus) sono troppe per un album pop/dance: alla fine le canzoni finiscono per assomigliarsi un po’ tutte, senza che te ne resti una specifica in mente.
L’album si apre con “Tiny Little bows”, canzoncina carina che introduce subito lo spirito scanzonato del disco. Si tratta di musica scacciapensieri, adatta alle feste sulla spiaggia e alle serate in discoteca. Carly mette subito le mani avanti: non sto proponendo certo musica di gran classe, sembra dire, prendetemi per quella che sono. O che vorrebbe essere, cioè la nuova Katy Perry. Lo stile è quello e in alcuni brani sembra di sentire proprio Katy.
Seconda traccia, secondo singolo, “This Kiss”: no, non è un remake della celebre canzone di Faith Hill, ma un pezzo pop/dance che, onestamente, fa rimpiangere il primo singolo. Poco incisivo, non so quanto bene potrebbe fare in radio.
“Call Me Maybe” la conosciamo tutti: trascinante, esplosiva, il tormentone dell’estate, purtroppo per Carly la punta più alta dell’album, nessun’altra canzone raggiunge questa vetta. “Curiosity” è un piacevolissimo brano dance: personalmente l’avrei scelto come singolo al posto di “This Kiss”, molto più trascinante, con quell “oh-oh-oh” tanto infantile, ma tanto radiofonico.
Dopo “Call Me Maybe”, la mia preferita dell’ album, “Good Time”, in collaborazione con un gruppo che ammiro molto, gli Owl City. Ecco un esempio di brano leggero, coinvolgente e solare. Pensavo avrebbe fatto meglio come singolo (degli Owl City), peccato. “More than a Memory” ci riporta ad un pop classico senza particolari picchi: non potendo contare su una voce particolare, Carly dovrebbe circondarsi di songwriters di un certo livello.
Stesso discorso per “Turn Me Up”: sicuramente è un brano orecchiabile, ma trasparente come l’acqua. Una certa noia comincia ad arrivare.Addirittura non ce’è pausa tra “Turn me Up” e la successiva “Hurt So Good”: brani molto simili nella struttura. Nessuna novità, praticamente dei riempialbum.
Finalmente ci si prende una pausa dalla dance e si rallenta un po’: “Beautiful” è un duetto adolescenziale con Justin Bieber, mentore di Carly (conoscete la storia, no? Justin ha ascoltato per caso la canzone “Call Me Maybe” su una radio locale e ha deciso di lanciarla). Ad ogni modo, il brano sarà anche piacevole e potrebbe fare bene in classifica grazie al richiamo dei due nomi, ma speravo in qualcosa di meglio: posizionato strategicamente nell’album, potrebbe fare bene a San valentino, magari come colonna sonore di qualche rom-com.
La dance riprende con “Tonight I’m getting Over You” e la sostanza rimane la stessa: troppa orecchiabilità rende la canzone troppo semplice. “Guitar String/ Wedding Ring” deve averla rubata da un cassetto di Katy Perry: il riff sembra essere preso da “California Gurls” e persino la voce sembra essere quella di Katy: siamo sicuri che sia Carly? Scherzi a parte, davvero molto simile l’interpretazione del brano. “Your Heart is a Muscle” è una piacevole ballad: finalmente, oserei dire. La bellezza di un disco pop è anche quella di trovare delle canzoni lente da poter cantare a squarciagola, anche le altre pop star come Madonna, Britney Spears, Christina Aguilera ci hanno regalato delle splendide ballad.
“I Know You have a Girlfried” chiude la versione standard dell’album: sinceramente, niente di nuovo, brano piacevolmente orecchiabile, ma nulla di ché. Le tre bonus tracks sono: “Drive”, “Wrong Feels Right” e “Sweetie”. Posso essere cattivo? Le prime due nulla aggiungono all’album, l’ultima è più piacevole perché richiama la struttura musicale dell’hit “Call Me Maybe”. Carly ci saluta così: una canzonetta leggerissima, come tutto il suo album che, magari si farà anche ascoltare un paio di volte, ma poi si rischia di annegare in una monotona melassa.